I troll e Goebbels

Chiunque frequenti o visiti siti internet di matrice cattolica conosce sicuramente il problema del trolling, cioè dei post offensivi pubblicati da utenti contro i cattolici, al solo scopo di infastidire, molestare o allontanare la conversazione dall’argomento dell’articolo (spesso scomodo per lorsignori), oppure più semplicemente di propagandare idee e dottrine dichiaratamente anticristiche se non proprio blasfeme proprio in “casa al nemico”. In ogni caso, la frequenza e la sovrabbondanza di questi commenti, spesso ad opera di personaggi con più nickname e privi di ogni scrupolo, in alcuni casi probabilmente persino pagati da certe forze anticristiane (che poco hanno da invidiare a quelle antisemite), ha ormai raggiunto livelli allarmanti.

Per capire l’entità e le origini di questo fenomeno, ritengo utile osservare cosa Goebbels, ministro della Propaganda di Hitler, fosse necessario fare per aumentare il consenso: il segreto non è tanto essere effettivamente in tanti a volere una cosa, bensì bisogna far credere di essere in tanti, soprattutto allo scopo di far crollare le incertezze degli indecisi e fargli aderire alla vulgata corrente. Questa tattica permette di conseguire un duplice scopo: piegare gli indecisi alla propria dottrina, mostrando come questa sia ormai predominante e, in definitiva, “giusta”, e contemporaneamente seminare discordia tra le fila della parte avversa riguardo i modi per contrastare questi velenosi attacchi.

Il troll sui siti cattolici spesso adotta, involontariamente o meno, questa strategia in modo profuso e generoso, cioè postando un fiume di commenti diversi con nickname diversi su siti diversi, per dare modo al lettore occasionale, privo dei sistemi di controllo degli amministratori (spesso gestiti anche in modo fin troppo lassista) ed incapace di verificare quindi che a nomi diversi corrisponde lo stesso indirizzo IP (e quindi la stessa persona reale), di credere di essere una minoranza impotente in un mondo che tenta con tutte le sue forze di schiacciarlo.

A mio avviso, i troll peggiori e più virulenti sono i finti moderati: personaggi falsi ed untuosi, che dichiarano che vogliono venire sui siti “della parte avversa” con lo scopo di imparare qualcosa di più sulla dottrina cattolica (di cui, in ogni caso, sono perfettamente e felicemente ignoranti) ma che in realtà vogliono solo provocare, minacciare e “convertire” i propri avversari alla loro crassa ignoranza ed alla disperazione (vera o presunta) del loro mondo senza Dio e, soprattutto, senza Chiesa. Questi elementi sono, a mio avviso, i più disgustosi in assoluto, perché ipocriti ma tranquillamente accusanti gli altri di ipocrisia, puritani che accusano i cattolici di puritanesimo, sepolcri imbiancati che dichiarano di essere a favore della libertà di espressione quando, gira e rigira, questa si traduce solo nella libertà di pensarla come loro. Se fossero vissuti cinquecento anni fa sarebbero stati i primi a bruciare povere donne accusandole di stregoneria, altro che i veri inquisitori; di questo sono ben consapevoli, anche se non gliene importa niente e, ipocritamente, scagliano sassi contro i cristiani accusandoli di tutte le nefandezze di questo mondo, nefandezze che spesso coloro che ammirano e sostengono hanno causato e che non si fanno alcuno scrupolo di esaltare.

Il problema più grande del trolling, in ogni caso, è che non soltanto cerca di mostrare ai cristiani quanto siano schiacciati dal peso dell’opinione pubblica (quando, in realtà, credo che la metà dei messaggi anticristiani reperibili sui siti cattolici o anticattolici più in vista sia attribuibile al massimo ad una decina di persone o poco più), bensì provocare i seguaci del Cristo alla risposta, a quello che gli anglofoni chiamano to feed the troll, nutrire il troll; cioè scatenare commenti e conversazioni infuocati, o flames, in risposta proprio alle deliranti osservazioni del personaggio che ha scatenato la polemica, al solo scopo poi di urlare all’ “inciviltà”, alla “violenza” ed alla “censura” dei cristiani nei confronti dei veri incivili, violenti e censori. Lo confesso, anch’io talvolta ho partecipato a questi flames, spesso perché non c’è una vera alternativa ad essi per contrastare gli sciagurati che li scatenano: i controlli, vuoi per un mal posto senso di misericordia (che affonda le sue radici in Vaticano, è bene che si sappia), vuoi per oggettiva mancanza tecnica o imperizia degli amministratori del sito stesso, a volte sono così scarsi, assenti o persino contraddittori da favorire il fiorire delle tesi più anticristiche, blasfeme talvolta, proprio sui siti che dovrebbero invece diffondere l’ortodossia e difendere la bellezza della Fede. Di questo non si può che rattristarsi ed auspicare il superamento del complesso dei “poveri agnellini” anche in questi frangenti, ché non si fa un buon servizio alla Verità (e, di conseguenza, alla carità) obbligando i lettori a rispondere alle provocazioni dei molestatori e dei bestemmiatori, quando basterebbe rendersi conto che si tratti di veri e propri personaggi untuosi, propagandisti di tutto ciò che è in contrasto con la Santa Chiesa e violenti, meritevoli soltanto di una cosa: il blocco dell’utenza e la segnalazione ai loro provider quali “persone non gradite” sul proprio sito.

Quella ragazza che scherniva il prete

Mi è capitato ormai un mesetto fa, mentre passeggiavo per le strade di Firenze, di assistere ad una scenetta che ben trovo esplicativa di quanto sta accadendo oggigiorno. Stavo dirigendomi verso la stazione, quando vidi davanti a me un sacerdote che veniva in direzione opposta. Non so se fosse un sacerdote cattolico strictu senso o della Fraternità Sacerdotale San Pio X, resta il fatto che era vestito proprio come un prete negli anni ’50, come don Camillo nei film con Fernandel per intendersi: talare, fascia e saturno. Insomma, più che un residuo dei bei tempi andati (come direbbe qualcuno, magari anche prete, oggigiorno) un sacerdote che non aveva paura di mostrare pubblicamente ciò che era, in ogni caso.

Dicevo, questo sacerdote camminava verso di me ed io verso di lui, quando all’improvviso da un negozio di una nota catena di cosmetici e profumi esce una ragazza, sicuramente straniera, probabilmente americana, proprio mentre sta passando il prete. Lo guarda sbigottita per un attimo, poi, ripresasi dal momento di smarrimento, comincia a fare quello che le è stato insegnato da questa società laicista e bigotta quando si avvista qualcuno inequivocabilmente cristiano e che non abbia di che vergognarsene: insultarlo alle spalle. Inizia a ridere a qualcuno nell’esercizio ed a scimmiottare gli atteggiamenti della preghiera cristiana, giungendo le mani e cominciando a piegare la testa ed il busto avanti ed indietro, come a mimare una reverenza. La smetterà dopo solo qualche secondo, quando il sottoscritto le lancerà un’occhiata così infuocata da farle morire il riso in bocca: perché non mi interessava, in quella circostanza, che si trattasse di un sacerdote lefebvriano oppure no, quello che si stava dileggiando era il sacerdozio cattolico (per cui sono ancora lecite se non obbligatorie certe vesti, in ogni caso, nonostante siano andate purtroppo in disuso) tout court.

Ad ogni modo, trovo sintomatico questo atteggiamento, e mi permetto chiudere questo post con delle domande: se fosse stato, per esempio, un monaco buddhista o un sacerdote shinto, la ragazza avrebbe reagito allo stesso modo? Ma il Figlio dell’Uomo, quando tornerà, troverà la fede sulla terra? Ed infine, perché molti sacerdoti cattolici si vergognano di indossare almeno la talare come prescritto, quando si tratta di un grande segno di riconoscimento e simbolo della loro natura di pastori?

Verso “Gattaca” (o Hitler)

E’ appena stata presa la decisione, in Gran Bretagna, che potranno essere selezionati embrioni umani con un corredo genetico modificato, proveniente da tre persone e non soltanto da due, come è sempre stato da che mondo è mondo. Formalmente, è stata approvata questa selezione per “curare” embrioni malati prima dell’impianto; in realtà, dimostra soltanto la deriva eugenetica e neonazista che sta prendendo la nostra società occidentale. Vediamo come.

Ogni cellula del nostro corpo contiene due distinti DNA: il DNA nucleare ed il DNA mitocondriale. Il primo è, sostanzialmente, la centrale della cellula: situato nel nucleo, si occupa di regolamentare la produzione delle varie proteine ed enzimi necessari alla sopravvivenza ed alla crescita dell’organismo. L’altro, invece, è situato all’interno di piccoli organuli chiamati mitocondri. Questi organuli sono molto particolari: anzitutto, non vengono ereditati da entrambi i genitori ma solo dalla madre. Poi, sono i resti di antichi procarioti (organismi unicellulari privi di nucleo vero e proprio, come i batteri) che si sono adattati a vivere come simbionti all’interno di cellule più grandi, perdendo completamente la capacità di vivere autonomamente; tuttavia, mantengono un proprio DNA diverso da quello nucleare e sono capace di riprodursi autonomamente dalla cellula ospite. Infine, sono responsabili della respirazione cellulare: in altre parole, senza la loro presenza le cellule con nucleo (o eucariote) non solo potrebbero non crescere correttamente, ma anche morire. Questo perché la respirazione è il modo in cui la cellula ricava energia; in pratica, il mitocondrio è il motore della cellula. Quindi, il ruolo di questi piccoli organuli per noi eucarioti (ma non per i procarioti, che non ne hanno) è importantissimo, dato che senza di essi non potremmo vivere. Tuttavia, il DNA mitocondriale tende a mutare molto più frequentemente di quello nucleare, in modi che, a volte (a dir la verità, piuttosto raramente) possono dare origine ad alcune malattie metaboliche, più o meno gravi.

In ogni caso, però, sorge spontanea una domanda: è possibile che una portatrice di malattie mitocondriali molto gravi possa sopravvivere tanto a lungo da trasmettere la sua patologia? E, in ogni caso, è assimilabile un trasferimento di materiale genetico del genere ad un trapianto d’organi, come auspicano i suoi inventori?

Ovviamente no in entrambi i casi: gli individui portatori di mitocondri talmente malati da rendere impossibile o molto svantaggiosa la respirazione cellulare sono destinati a morire in poco tempo, quindi non possono trasmettere la loro malattia. Inoltre, non si tratta di un semplice “trapianto” di DNA: è una modifica genetica vera e propria, effettuata in vitro, che prevede la fecondazione di un ovulo e poi il trasferimento del nucleo così ottenuto in una cellula, enucleata artificialmente, con mitocondri sani. In realtà, lo scopo della medicina dovrebbe essere curare, e non “modificare” o “migliorare” il paziente; pertanto, in quanto si tratta di una modifica vera e propria di un organismo vivente (l’embrione), con un suo corredo genetico proprio e con delle peculiarità rispetto ai genitori, non siamo neppure nel campo della medicina, bensì dell’eugenetica.

Eugenetica, infatti, è l’unico termine per descrivere quanto sta accadendo: non solo questa procedura altamente invasiva non aiuterà coloro che soffrono (o potrebbero soffrire) di malattie mitocondriali, dato che i possibili svantaggi (come alterazioni non volute delle funzionalità cellulari) sono pari o persino superiori a quelli di chi soffre di simili patologie. Non si tratterebbe di cure, dato che alla fine gli “effetti collaterali” possono essere, questi sì, letali per embrioni e feti trattati in questo modo; invece, è soltanto la riproposizione del mito eugenetico della creazione dell’”uomo perfetto”.

“Uomo perfetto” ieri da ottenersi con gli accoppiamenti selettivi, oggi con manipolazioni genetiche e fusioni uomo-macchina (come sostiene il transumanesimo, figlio diretto dell’eugenetica). Neppure l’uomo fosse un animale da allevamento, un pollo in batteria o persino peggio, questa ideologia sostiene che sia un dovere civile essere sani e fisicamente perfetti, soprattutto perché bisogna attivamente produrre: in altre parole, la vita umana non ha valore in quanto tale, perché unica ed irripetibile e dotata di libero arbitrio, bensì soltanto in quanto può produrre e consumare. Risulta chiaro a questo punto che esistono anche dei veri e propri “rifiuti umani”: gli anziani, ad esempio, i malati, gli invalidi. Tutte categorie che, secondo il credo eugenetico, sono da eradicare perché toglierebbero risorse ai giovani, ai sani, ai validi.

Non è affatto sorprendente che le correnti eugenetiche, che predicavano tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900 la creazione del superuomo, si basassero sul folle nichilismo nietzschiano, per cui infine l’essere umano è padrone assoluto di sé stesso e degli altri uomini, che può suddividere in categorie ed assoggettare in ultima analisi: validi ed invalidi, appunto. Proprio come nel film “Gattaca”. E questo non nasce a caso, bensì dalla negazione di senso: del senso della vita, ad esempio, o della vita come progetto divino; né è un caso che da questi concetti siano stati ripresi dai primi eugenetisti anzitutto, poi dai nazisti ed infine da transumanisti e dai moderni eugenetisti (che, ancora oggi, tentano di perseguire i loro scopi sebbene in maniera più nascosta ed oculata, come dimostrano le grandi catene abortiste alla Planned Parenthood). L’unica cosa ad essere cambiato è il metodo: prima gli eugenetisti sbandieravano i loro piani come un progresso ed una conquista doverosa per l’umanità; poi, col nazismo e la rivelazione degli esperimenti orrendi condotti ad opera di alcuni scienziati tedeschi (come il famigerato Mengele) nella direzione teorizzata nelle grandi università europee e nei corsi di eugenetica, semplicemente si sono camuffati e radicalizzati in una nuova ideologia, in cui sono confluite anche altre provenienti sempre dalla stessa area nichilista e di cui il Novecento ha smascherato gli orrori: il relativismo. Relativismo, guarda caso, che anch’esso si basa su una negazione di senso, cioè sull’impossibilità di conoscere la verità e, di conseguenza, riducendola ad opinione.

“Gattaca”, dicevo sopra: sì, perché in quel film del 1997 appariva proprio il fine di ciò che alcune forze palesemente nichiliste ed anticristiche, pronte ad usare la trita scusa delle “buone intenzioni” e di “aiutare l’umanità” ed alleate col progressismo ed il positivismo più beceri, stanno cercando di attuare oggi. Lo scopo, cioè, di dividere i cittadini in individui di classe a, possibilmente privi di legami familiari e di affetti ma “perfetti” (per quanto possa esserlo un essere umano) dal punto di vista fisico e genetico, eccellenti consumatori in un sistema capitalista e sfruttatore che vede nell’uomo un consumatore e non un individuo fatto di anima e carne, ed in cittadini di classe b, impossibilitati ad essere un perfetto ingranaggio in un simile, orrendo sistema e, quindi, da vessare o eliminare. Sistema che non è trans-umano bensì post-umano o persino para-umano, che prevede, insomma, non la gloria dell’essere umano ma la sua distruzione e che, pertanto, non può tollerare che esistano esseri umani che si sottraggano alla sua perversione satanica.

Sì, uso proprio questo termine: perversione satanica; perché non c’è altro ispiratore dietro ogni peccato, ogni nefandezza della storia se non lui, l’Avversario per eccellenza. Avversario che brama più di ogni cosa proprio distruggere coloro che, pur con tutte le loro imperfezioni, i loro limiti e le loro debolezze, sono fatti ad immagine e somiglianze di Colui che odia più di tutti; pertanto, esattamente come sopra i “non validi” devono essere annientati dai “validi”, così coloro che si oppongono a simili storture spacciate per progresso devono essere annientati. In fondo, anche Lucifero stesso era un angelo, e che angelo: il più bello ed il più potente tra tutti; ma poi, per la sua superbia, condannatosi da solo (senza accorgersene) ad essere l’ultimo tra le creature ed il più brutto, privato di ogni potestà dal Cristo. Tuttavia, l’uomo è primo tra tutte le creature essendo ad immagine e somiglianza di Dio, ed è persino più grande degli angeli, come dimostra la Vergine Maria. Quindi, per invidia satanica che vede nell’uomo insopportabile riflesso del Divino, deve essere annientato.

Questo è, infine, l’orrido volto che si cela dietro a simili ideologie; certo, non sto dicendo che Satana governi direttamente questi individui come marionette, o come pedine in un gioco più grande. No: sarebbe troppo facile e liberatorio attribuire tutta la colpa di simili nefandezze a lui, al Drago maledetto, e non a coloro che colpevolmente e gioiosamente lo assecondano e che a volte sembrano ingegnarsi per superarlo. Perché quanto sta accadendo adesso in Inghilterra non ha affatto lo scopo di curare malattie, o di “salvare l’umanità” (come se Qualcuno non ci avesse già pensato un paio di millenni fa). Nel caso, tutto questo nasce da una visione tremendamente anti-umana dell’essere umano, visto solo come un ingranaggio produttivo e ridotto a numero; mero bersaglio della pubblicità e soggetto al potere pubblico, i quali hanno tutto l’interesse di renderlo profondamente infelice e schiavo dei suoi desideri. Come ottenere tutto questo? La risposta è semplice: eliminare anzitutto la famiglia, cosicché non ci siano più punti di riferimento; convincere la gente che si deve essere “utili” e che bisogna produrre e consumare disperatamente, altrimenti si è soltanto un intralcio; negare l’esistenza di qualsivoglia Legge al disopra di quella dello Stato, a cui anche quella civile deve obbedire.

Quindi, simili iniziative non sono rivolte a curare, bensì a distruggere: nel tentativo di rendere la società umana né più, né meno, di un’azienda, con degli utili, delle spese e dei consumatori, si finisce col distruggere l’uomo. In fondo, se si elimina ogni riferimento e si nega ogni valore e persino l’esistenza stessa della verità, in un nichilismo solo a parole condannato ma nei fatti radicalizzato e praticato sino alle sue più estreme conseguenze, non si può che arrivare a questo punto. Questa è la cosiddetta “società civile” occidentale e la democrazia liberale: una ipocrisia che attende non appena avrà gli strumenti per dividere gli individui in “validi” ed “invalidi” in base a criteri non solo genetici o fisici, ma anche mentali, spirituali, religiosi. Anche negando questi ultimi, se necessario; proprio come in “Gattaca”. O, per rimanere nella realtà, proprio come voleva fare Hitler.