Riprendo, per questo mio ragionamento molto amaro (vi avviso in anticipo), un avvenimento dell’ormai lontano settembre 2009: l’allora presidente della CEI mons. Angelo Bagnasco, in conferenza stampa, dichiarò che non era intenzione della Chiesa operare attivamente per la conversione degli ebrei. In pratica, diceva l’esimio cardinale (successivamente co-protagonista di un atto blasfemo quale la Santa Comunione amministrata al buddhista transessuale impenitente Vladimiro Guadagno, in arte Vladimir Luxuria), seguendo le orme del Concilio Vaticano II (e per mettere una pezza a quanto fatto da Benedetto XVI, così tanto politicamente scorretto e misericordioso, sul serio, da aver reintrodotto la preghiera per la conversione degli ebrei, non tanto in quanto ebrei ma in quanto ripudiano il Messia che dichiarano di attendere), o meglio del Concilio Vaticano secondo lui.
Ora, questo mi porta a fare due amare considerazioni, una di natura ecclesiale ed una sulle conversioni. La prima: questi prelati, che d’un tratto si scoprono parte di una Chiesa missionaria come non lo era mai stata in precedenza (cosa tra l’altro non vera comunque la si voglia vedere, ma pazienza), iniziano ad indicare categorie protette a cui non bisogna annunciare il Vangelo, contravvenendo proprio un preciso ordine del Cristo. In pratica, se la logica non è un’opinione, ne consegue che il Cristo e la Sua Sposa non sono necessari per la salvezza dell’uomo: sono meri orpelli, se ci sono meglio, se non ci sono è lo stesso. Quindi, in buona sostanza, né il Cristo né tanto meno la Chiesa servono a nulla; e chissenefrega delle parole del Signore! Prima o poi (anzi, è già capitato, vedasi il Sinodo di ottobre) qualcuno tra questi alti prelati dirà, se non direttamente tra le righe, che il Cristo era un pericoloso integralista, contrario al dialogo ed all’ecumenismo, dimenticandosi che Lui non ha mai parlato di ecumenismo e dialogo: ha detto di annunciare la Lieta Novella a tutte le genti e di battezzarle. Punto. Il resto deve essere teso ad ottenere questo scopo, non affossarlo e seppellirlo nella melassa di un politicamente corretto e di un buonismo che di cristiano hanno ben poco, se non niente. Beninteso, è ovvio che non deve essere operata coercizione nella conversione del prossimo: a differenza di altre religioni, la salvezza può procedere soltanto da una libera e volontaria adesione al Cristo; ma da qui a dichiarare di non voler adoperarsi perché certe “categorie protette” si convertano, fosse anche solo annunciare loro il Vangelo, pregare per la conversione e dibattere su varie questioni per mostrare la ragionevolezza della fede cattolica, ce ne corre!
La seconda considerazione discende da questa: se la Chiesa, all’atto pratico, per questi signori serve a poco per non dire nulla, perché dirsi cattolici? Questa visione della Sposa del Cristo, che la riduce da Corpo Mistico del Signore ad insieme di persone che vogliono bene (nemmeno Lo amano) al buon Gesù, finisce per trasformarLa in un circolo per dame annoiate ed anziani signori, i quali passano in buona sostanza il proprio tempo a discutere sul niente. Da lì alla mal sopportazione per i convertiti, specie se giovani, il passo è breve: il convertito, proprio perché convertito, difficilmente sopporta il politicamente corretto, i compromessi di comodo e le varie sciatterie e sciocchezze clericali. Quindi, al di fuori di facili giovanilismi che servono a propagandare una visione della Chiesa semplicemente da rabbrividire, il convertito rompe le scatole: fa le domande scomode, è “fondamentalista”, non si rassegna a vivere nella tiepidezza e nella mollezza propria di chi, fosse questione di andare in chiesa la domenica o in moschea il venerdì, non gliene importerebbe meno e che al più considera l’essere cattolico, appunto, come appartenere ad un circolino, elegante quanto si vuole ma sempre circolino. Magari con la giustificazione di un Concilio che non solo non è mai avvenuto, ma che lorsignori si mettano il cuore in pace non avverrà mai.