Falsi monaci e falsi storici: Bose

Dopo il primo articolo, ecco il secondo inerente alla personalissima (e, come visto, molto discutibile) visione che Bianchi ha della Chiesa. Chiesa che assomiglia, come vedremo nei tratti generali, forse più ad una sorta di partito politico, con una Dottrina da vagliare alla luce dei tempi anziché il contrario, che non al Corpo Mistico del Cristo, come d’altra parte l’esperienza Bose insegna.

Già, Bose: non si può parlare di Bianchi senza parlare di questo ridente monastero (che, mi si perdonerà, anche in questo caso stento a definire tale, proprio perché non risulta da nessuna parte, a parte delle autoproclamazioni, che coloro che vi si trovano siano effettivamente monaci) a San Gimignano, nella mia Toscana, a poche decine di chilometri da Firenze. Non si può non parlare di Bose perché si tratta sicuramente di uno dei frutti più discutibili del pensiero bianchiano, nato a ridosso del Concilio Vaticano II e, soprattutto, di quel (mai abbastanza maledetto) “spirito del Concilio” che tanti danni ha fatto e continua a fare.

Prima di affrontare il discorso Bose, quindi, bisogna inquadrare il contesto in cui è stato fondato, cioè a ridosso del Concilio Vaticano II e della riforma del Messale. Senza voler fare qui il tradizionalista con il dente avvelenato “perché c’hanno tolto il latino” (cosa di cui onestamente m’importa poco), è un fatto che soprattutto in quegli anni (anche se gli strascichi virulenti e perniciosi si trascinano fino ad oggi) si impose una visione della Chiesa che vedeva nel Concilio una sorta di “libera tutti”, di metodo per proporre (ed imporre) le più bizzarre teorie teologiche, pastorali e liturgiche invocando che lo stesso Concilio aveva dato il via a tutto ciò. In realtà, non solo nei documenti del CV II non si accenna a questo, ma si ribadiscono elementi (per citare l’esegesi biblica e non soltanto la liturgia, ad esempio, il considerare i Vangeli come resoconti veri e fedeli della vita del Cristo) che sono sempre stati creduti e sostenuti dalla Chiesa. Non c’è alcuna rivoluzione in quei documenti, ed il lettore che colà la cercasse rimarrebbe certamente deluso; anzi, molti aspetti liturgici ed esegetici rimangono (giustamente) inalterati. Proprio nell’ottica di quella “ermeneutica della continuità”, più volte ribadita da Benedetto XVI, non c’è alcuna rottura con quanto asserito precedentemente dalla Sposa del Cristo.

Come fare, allora, ad imporre una visione di pensiero ai limiti dell’eterodossia (quando non la oltrepassa scadendo proprio nell’aperta eresia, penso ad esempio al cosiddetto “Catechismo olandese”)? Semplice: si ignora il Concilio Vaticano II e, invece di applicarlo, si impongono le proprie visioni su quanto sostenuto dai padri conciliari. Si inizia a sostenere che sì, nel documento tal dei tali si dice così, ma in realtà si voleva dire che… E giù ad imporre le proprie visioni distorte e ad applicare le proprie teorie, teorie che all’atto pratico hanno non solo creato una spaccatura profonda nel popolo di Dio, rendendo insopportabile ingiustamente il Concilio stesso ai cosiddetti “tradizionalisti”, ma hanno portato anche a degli effetti maligni (quali crollo delle vocazioni e delle devozioni popolari) che oggigiorno vediamo incontrovertibilmente. Chiariamoci: non è che prima del 1963 nella Chiesa fosse tutto rose e fiori, tanto che proprio per questo venne convocato il Concilio; tuttavia, è un fatto che invece che risolversi certi problemi si sono acuiti, e non tanto per delle cattive disposizioni del Concilio stesso bensì per colpa di coloro che, invece di applicare le norme conciliari in armonia con ciò che sempre ed in ogni dove si è creduto ed insegnato, hanno preferito sostituirsi ad esse in nome di uno “spirito del Concilio” che, in realtà, era semplicemente disobbedienza e prendere i moti del proprio cervello per moti del Cielo.

Ora, perché questa prefazione? Perché l’esperimento più riuscito di Bianchi, la comunità di Bose, nasce proprio da questo “spirito del Concilio” ed in un momento storico, il 1965, proprio a ridosso dal termine dei lavori per la riforma liturgica. Questo non è affatto un caso; siamo in un periodo (che continua, ripeto, ancora oggi, seppure attenuatosi almeno temporaneamente col pontificato di Benedetto XVI) di smarrimento liturgico e dottrinale. Smarrimento ben concretizzatosi, tra parentesi, dalla pubblicazione dell’eretico “Nuovo Catechismo Olandese” proprio nella seconda metà degli anni ’60, pubblicazione trovata eretica in 14 punti ed ambigua in una quarantina di altri. Il Nostro, tuttavia, non esime dal difendere tale pubblicazione a spada tratta proprio in occasione di un suo commento alla piaga della pedofilia olandese il 23 dicembre 2012 su “La Stampa”, con queste parole:

Come si possono collegare tali misfatti al “catechismo olandese”, opera a suo tempo criticata dalle autorità ecclesiastiche per alcune posizioni teologiche, ma non certo morali?

dimenticando di dire, però, che di quelle ambiguità segnalate dalla Curia una buona parte era proprio di origine morale; ma senza voler approfondire questo discorso, che pure meriterebbe un approfondimento in altra sede, bisogna quindi ricordarsi che si tratta di un’opera composta in un’epoca di smarrimento dottrinale e liturgico (e, quindi, infine morale ed etico), ma che Bianchi difende asserendo che

Ancora più improprio mi appare l’accostamento delle cifre spaventose di abusi all’immagine della Chiesa olandese così aperta e all’avanguardia nella ricezione del Concilio Vaticano II, quasi a lasciar intendere che il clima di rinnovamento di quella stagione e l’episcopato più conciliare abbiano influito al terribile degrado.

quando in realtà fu proprio la Chiesa olandese all’avanguardia nella non applicazione della norme conciliari nella continuità e, anzi, arrivò ad avallare la pubblicazione del “Catechismo” di cui sopra, vero manifesto programmatico dei desideri di distruzione e d’immoralità del clero nordeuropeo.

Tornando a Bose dopo questa necessaria premessa per capire da dove provenga e dove vuole andare, si tratta formalmente una sorta di monastero ecumenico; tuttavia, sempre almeno formalmente, è sotto giurisdizione della locale diocesi, e quindi dipendente dalla Chiesa cattolica. Eppure, se questo luogo ha una peculiarità, è proprio il rifiuto di ciò che appartiene propriamente alla tradizione cattolica: prova ne è, ad esempio, il Santissimo spostato in una cappella laterale, per “non offendere” i non cattolici (gesto, questo, che sa d’ipocrita rifiuto come nel caso di coloro che, dato che siamo sotto Natale, tolgono il Presepe per “non offendere” gli islamici, ma tant’è). Questi atti, in realtà, sono ricalcati pari pari sulle smanie olandesi e belghe, progressiste ed ultra-progressiste oltreché fallimentari ed ultra-fallimentari in una prospettiva storica, che da ormai cinquant’anni ammorbano ed hanno devastato certe chiese locali: in realtà la ricerca di un’approvazione da parte dell’autorità costituita non deve essere vista, a Bose ed in questi casi, come un sottomettersi con filiale obbedienza alle regole della Chiesa, bensì come un paravento ideologico per poi poter fare i propri porci comodi alla luce del giorno, senza temere reprimenda ufficiali (anzi, come già ho fatto notare Bose ha fin troppi legami con la CEI e fin troppo spesso Bianchi è portato sul palmo di mano da elementi che invece dovrebbero ammonirlo se non condannarlo) e tacciando di “disobbedienza” e “scisma” proprio coloro che fanno notare simili realtà. Esistono, infatti, fin troppe “libertà” che tale “monastero” ha assunto nei confronti non solo della Dottrina cattolica, ma anche della Chiesa stessa: per esempio, nota è la celebrazione di una sola Messa a settimana (sempre con la solita scusa del “rispetto per chi non ci crede”, ma allora che monastero è?), e pure è nota la presenza di un singolare “martirologio” all’interno della comunità, dove a fianco di (alcuni) santi cattolici sono affiancati elementi dell’immaginario politicamente corretto, a-cattolico o progressista come Buddha e Gandhi. E’ chiara l’assurdità di tale operazione, non fosse altro che l’ecumenismo può essere considerato solo una forma per ricondurre le “pecorelle cristiane” nell'”ovile” di Roma e non il contrario, mentre con le “pecorelle” di altre religioni è necessario il Battesimo e la predicazione, ma a parte questo, è da notare come si tratti di una realtà perfettamente politicamente corretta (Buddha e Gandhi, al netto di ciò che hanno realmente detto, scritto e creduto, sono figure stereotipate nell’immaginario occidentale radical-chic), quindi sostanzialmente inutile e priva di quel coraggio che gli si vorrebbe attribuire.

D’altra parte, il punto per Bose (e per Bianchi) è proprio questo: come abbiamo visto l’articolo precedente e come vedremo in futuro, la Chiesa non dovrebbe essere il Corpo Mistico del Cristo, deputato ad una missione ben precisa (la salvezza delle anime), bensì una sorta di grande partito politico, in cui possa confluire tutto ed il contrario di tutto. Il “martirologio ecumenico” di Bose mostra ben questo: l’importante per salvarsi non è credere ed essere battezzati (come dice il Cristo), bensì una sorta di vago (e vano) sentimentalismo: basta essere giusti agli occhi del mondo (il quale però è dominio di Satana, quindi la giustizia del mondo non è quella di Dio) per essere cristiani (ma come è possibile essere cristiani se non si crede, anzi proprio si nega il Nazareno?) e salvarsi, e chi se ne importa di Dio! E’, infine, sostituire il proprio giudizio a quello del Signore il grande peccato dietro tutta questa visione, piuttosto mondana (appunto) alla fine della fiera.

Sondaggi e sepolcri

Sono stati pubblicati, durante gli scorsi mesi, alcuni risultati del sondaggio voluto da Sua Santità per saggiare il terreno sui temi scottanti emersi al Sinodo straordinario lo scorso ottobre e che saranno ridiscussi tra pochi mesi. Ovviamente, è presto a dirsi, il grido che si è innalzato da quei fogli non è quello dei fedeli cattolici, di coloro che, pur sbagliando ed anche gravemente, sono disposti a riconoscere le proprie colpe e ad affidarsi al Cristo ed alla Chiesa in ogni caso. Proprio no, l’urlo che si è levato era quello di un modernismo velenoso ed eretico; e come poteva non essere così, dato che è stato permesso a cani e porci di rispondere alle domande e che i primi risultati provengono, soprattutto, dalle diocesi più progressiste d’Europa? Hanno messo bocca nella questione non soltanto cattolici ma anche membri di altre confessioni cristiane (anche quelli che, un tempo, sarebbero stati chiamati “eretici”), atei, gente che fino al giorno prima dell’elezione di Francesco sarebbe voluta entrare in chiesa solo per bruciarla e così via; e cosa potevano  avere mai da dire costoro? Anche le ricchissime e radicali Conferenze Episcopali tedesche, olandesi, belghe hanno risposto; e cosa potevano mai rispondere, costoro che hanno fatto della “protestantizzazione” delle diocesi loro affidate e dello scisma con Roma, in una chiave nazionalista ed anti-mediterranea sovente, neppure troppo nascosto i loro cavalli di battaglia? Ovviamente, che la Chiesa deve benedire le coppie gay e riconoscere il “matrimonio” omosessuale, che la contraccezione deve essere ammessa, che i divorziati “risposati” (anche usando la balla ed il tranello che “tanto si può già divorziare nella Cattolica, basta passare per la Sacra Rota”, dimenticandosi che essa può solo certificare un matrimonio invalido in partenza) che continuano a persistere nel loro stato devono essere riammessi alla Santa Comunione, magari dopo un fasullo e a posteriori “percorso penitenziale”. Tutto un “deve essere fatto”, insomma, con tutti che devono accettare le loro condizioni senza discutere, altrimenti manderanno tutto in malora. Ma la Chiesa non chiedeva anzitutto filiale obbedienza ai suoi figli? Ma si rendono conto, lorsignori, che stanno letteralmente tentando Dio, in quanto pretendono che le cose siano come vogliono loro, arrivando a lordare la Chiesa pur di non ripulirsi loro stessi?

Senza contare, chiaramente, la vanità di un simile sondaggio: cosa dobbiamo richiedere su questioni che sono già state oggetto di pronunciamenti ex cathedra, e quindi dell’infallibilità pontificia? Al Sinodo di ottobre è possibile che riemergerà l’accesso di schizofrenia modernista e relativista tanto cara ai vescovi capitanati dal card. Kasper che dovrebbe risolvere questo problema, cioè la tesi secondo cui la prassi deve (ancora queste parole!) essere posta al disopra della Dottrina, quando invece la prima dovrebbe scaturire dalla seconda. Anche solo usando la logica, è facile capire che non è possibile pensare di fare del bene se non si sa per quale motivo e che cosa è il Bene; invece, emerge il contrario da certe dichiarazioni e da certi sondaggi, il che insinua il terribile dubbio: cioè che costoro appartengano, né più né meno, alla categoria dei sepolcri imbiancati.

Gente che, abbandonata ogni remora ed ogni residuo di cristianità, ha deciso che il plauso del mondo (mondo che, secondo san Paolo, è appannaggio di Satana) valesse ben più dell’essere cattolici. Dismessi i panni di cattolici, hanno indossato quelli di generici “fedeli”, in che cosa non si sa bene: fregandosene di tutto e tutti, men che meno del Cristo, hanno iniziato a muovere una loro guerra personale contro quella che, è bene ricordarlo, è mater accogliente ma anche magistra severa. O almeno, dovrebbe esserlo.

Perché in un’epoca di lassismo dottrinale e morale (quando non proprio di eresia, termine questo ormai bandito dal nuovo vocabolario clericalmente corretto) quale quella che stiamo vivendo adesso non soltanto ci sono personaggi che fanno i loro porci comodi continuando a proclamarsi cattolici, ma che ormai sostengono prassi e dottrine (o meglio, variazioni dottrinali camuffate da questa benedetta “pastorale”, pastorale che ormai sembra essere una sorta di credo e non, come dicevo sopra, procedente dalla Dottrina essa stessa) non poco ortodosse, ma ormai nemmeno più cattoliche; e, per i propri interessi, accantonano persino il Vangelo. In questo, sono aiutati da una moltitudine di “fedeli” generici, che ormai lo sono solo di nome ma che in realtà preferiscono sé stessi a Dio: tiepidi che fanno finta di essere cattolici, che a parole si dichiarano tali ma che poi, nei fatti, non solo fanno tutto il contrario di ciò che dovrebbero fare ma incitano anche allo scandalo ed allo scisma. Sepolcri imbiancati, insomma.

Termine, questo, usato dal Cristo proprio per indicare quelli che si fanno belli dinanzi al mondo, che apparentemente sono immacolati, misericordiosi, comprensivi (ma in realtà accondiscendenti), che godono del favore della gente e del sostegno sociale; in realtà, sono marci dentro come e più degli altri. Gente che non chiede determinate cose perché vorrebbe farle ma non può: quelle cose già le fanno e, invece di pentirsi delle loro azioni o di fuoriuscire da una Chiesa che sta loro stretta (con tutte le conseguenze per la loro anima), tengono il piede in due scarpe perché non sopportano l’idea che qualcuno possa disapprovare la loro lordura. Costoro hanno abbracciato ciò che non è cattolico, finendo per abbracciare il male, e questo non da ieri bensì da almeno quarat’anni; solo che ora, con la loro preponderanza, se ne apprezzano di più i risultati.

Membri dell’episcopato e semplici “fedeli” tirannici e pseudo-cattolici, che per anni e anni si sono curati più dei loro interessi (sovente economici e sessuali) che del Cristo, anzi usandoLo per i propri scopi, scopi questi spesso in aperta rotta di collisione con la Chiesa. Chiedendo più condivisione, più povertà, più umiltà, scambiando la Chiesa per una filiale dei centri sociali piuttosto che un’istituzione partecipe della regalità del Cristo, hanno svuotato le chiese per riempirsi le tasche e per fare ciò che più volevano quando meglio li conveniva, sovente; e ora pretendono, millantando uno scisma che se non canonicamente de facto è già realtà da anni, che la Sposa di Cristo dovrebbe ratificare i loro peccati, altrimenti le conseguenze per tutta la cristianità saranno terribili.

In realtà, le cose si metterebbero male soprattutto per loro, e non solo dal punto di vista spirituale e storico (basti vedere, ad esempio, la tremenda crisi che stanno subendo in questi anni proprio le confessioni protestanti tradizionali); sto pensando, ad esempio, alla ricchissima Conferenza Episcopale tedesca, dalle cui fila (non a caso) provengono i cardinali Kasper e Marx, punte dell’ala ultraprogressista (e cripto-protestante) cattolica. Se costoro fuoriuscissero dalla Chiesa perderebbero l’entrate della tassa di culto tedesca, rimanendo senza più un centesimo: da nessun’altra parte potrebbero, infatti, raggiungere una simile posizione come quella che detengono adesso, e lo sanno bene. Quindi, per questa gente il trucco non è mutare le proprie posizioni per aderire alla Chiesa di cui farebbero parte (se non per fede almeno per avidità), bensì, peggio ancora, la Chiesa deve mutare per avallare i loro porci comodi, e loro devono poter restare ben saldi dove sono.

Questo è il problema, oggigiorno, messo a nudo da quei questionari: non tanto l’eresia serpeggiante, quando non conclamata, tra il popolo di Dio, la superficialità, il desiderio di adottare una sorta di sistema democratico all’interno della Chiesa (per cui se la maggioranza dice una cosa oggi bene, se ne dice un’altra domani bene lo stesso; e dove va a finire il rapporto con ciò che è Eterno ed immutabile per definizione in un simile marasma?), bensì la mancanza di santità e di serietà. Con l’aggravante della seconda sulla prima: se la santità, difatti, scaturisce dalle virtù teologali e, quindi, a partire dalla fede e dalla carità, la serietà procede dalle virtù cardinali, che tutti gli esseri umani possono coltivare, anche coloro che non credono.

Santità vorrebbe che simili peccati venissero rifuggiti e schifati e che, qualora vengano commessi, si chieda perdono col proposito di non farli più; serietà vorrebbe che, se non ci si vuole scusare ma anzi, si pretende che venga avallato ciò che non può esserlo, si lasci per dignità personale (prima ancora che della gerarchia di cui si fa parte) l’istituzione in cui ci si aggira tronfiamente, accettando in entrambi i casi le conseguenze delle proprie azioni. Invece, adesso è tutto un lanciare il sasso e nascondere la mano.