L’acquario di San Pietro

Buongiorno a tutti, e buona festa dell’Immacolata ed inizio del Giubileo! Oggi scriverò solo un breve post, tanto per fare il punto in poche frasi di quello che sta avvenendo in questo momento nella Città del Vaticano.

Apprendo ora che stasera, sulla cupola di san Pietro, saranno proiettate immagini per celebrare l’inizio del Giubileo “della Misericordia” (come se ogni Giubileo non fosse, per sua stessa natura, una celebrazione della Misericordia divina). Tali immagini riguarderanno l’uomo, la misericordia, l’ambiente naturale ed il clima.

Ora, non per essere polemico a tutti i costi, ma vorrei fare qualche domanda “scomoda”, diciamo così: anzitutto, perché saranno proiettate immagini su tutto (a quanto pare) meno che sul Cristo, specie sull’Eucaristia che, in quanto vero Corpo e Sangue del Signore, è chiaramente l’inizio e la fine, l’Alfa e l’Omega appunto, su qualsiasi discorso teologico e morale, quale tra gli altri quello sulla misericordia e sulla custodia del Creato? Perché nessuno ha obiettato sui costi di questa kermesse, in tempi in cui nella Chiesa ci si vergogna anche per due statue, qualche dipinto e qualche vaso sacro in materiali preziosi? Ancora, perché tutta questa grande operazione è stata appaltata perlopiù a supporters dell’aborto, a gruppi non cristiani o che, in generale, omaggiano divinità pagane nel loro nome; cos’è, non c’era nessun cattolico in grado di fare questo? Infine, qualcuno mi spiega cosa c’entra tutto questo con l’Immacolata che oggi festeggiamo?

Detto ciò, ancora auguri; possa Maria assisterci in questo momento delicato e pregare per noi tutti i giorni della nostra vita!

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Falsi monaci e falsi storici: Bose

Dopo il primo articolo, ecco il secondo inerente alla personalissima (e, come visto, molto discutibile) visione che Bianchi ha della Chiesa. Chiesa che assomiglia, come vedremo nei tratti generali, forse più ad una sorta di partito politico, con una Dottrina da vagliare alla luce dei tempi anziché il contrario, che non al Corpo Mistico del Cristo, come d’altra parte l’esperienza Bose insegna.

Già, Bose: non si può parlare di Bianchi senza parlare di questo ridente monastero (che, mi si perdonerà, anche in questo caso stento a definire tale, proprio perché non risulta da nessuna parte, a parte delle autoproclamazioni, che coloro che vi si trovano siano effettivamente monaci) a San Gimignano, nella mia Toscana, a poche decine di chilometri da Firenze. Non si può non parlare di Bose perché si tratta sicuramente di uno dei frutti più discutibili del pensiero bianchiano, nato a ridosso del Concilio Vaticano II e, soprattutto, di quel (mai abbastanza maledetto) “spirito del Concilio” che tanti danni ha fatto e continua a fare.

Prima di affrontare il discorso Bose, quindi, bisogna inquadrare il contesto in cui è stato fondato, cioè a ridosso del Concilio Vaticano II e della riforma del Messale. Senza voler fare qui il tradizionalista con il dente avvelenato “perché c’hanno tolto il latino” (cosa di cui onestamente m’importa poco), è un fatto che soprattutto in quegli anni (anche se gli strascichi virulenti e perniciosi si trascinano fino ad oggi) si impose una visione della Chiesa che vedeva nel Concilio una sorta di “libera tutti”, di metodo per proporre (ed imporre) le più bizzarre teorie teologiche, pastorali e liturgiche invocando che lo stesso Concilio aveva dato il via a tutto ciò. In realtà, non solo nei documenti del CV II non si accenna a questo, ma si ribadiscono elementi (per citare l’esegesi biblica e non soltanto la liturgia, ad esempio, il considerare i Vangeli come resoconti veri e fedeli della vita del Cristo) che sono sempre stati creduti e sostenuti dalla Chiesa. Non c’è alcuna rivoluzione in quei documenti, ed il lettore che colà la cercasse rimarrebbe certamente deluso; anzi, molti aspetti liturgici ed esegetici rimangono (giustamente) inalterati. Proprio nell’ottica di quella “ermeneutica della continuità”, più volte ribadita da Benedetto XVI, non c’è alcuna rottura con quanto asserito precedentemente dalla Sposa del Cristo.

Come fare, allora, ad imporre una visione di pensiero ai limiti dell’eterodossia (quando non la oltrepassa scadendo proprio nell’aperta eresia, penso ad esempio al cosiddetto “Catechismo olandese”)? Semplice: si ignora il Concilio Vaticano II e, invece di applicarlo, si impongono le proprie visioni su quanto sostenuto dai padri conciliari. Si inizia a sostenere che sì, nel documento tal dei tali si dice così, ma in realtà si voleva dire che… E giù ad imporre le proprie visioni distorte e ad applicare le proprie teorie, teorie che all’atto pratico hanno non solo creato una spaccatura profonda nel popolo di Dio, rendendo insopportabile ingiustamente il Concilio stesso ai cosiddetti “tradizionalisti”, ma hanno portato anche a degli effetti maligni (quali crollo delle vocazioni e delle devozioni popolari) che oggigiorno vediamo incontrovertibilmente. Chiariamoci: non è che prima del 1963 nella Chiesa fosse tutto rose e fiori, tanto che proprio per questo venne convocato il Concilio; tuttavia, è un fatto che invece che risolversi certi problemi si sono acuiti, e non tanto per delle cattive disposizioni del Concilio stesso bensì per colpa di coloro che, invece di applicare le norme conciliari in armonia con ciò che sempre ed in ogni dove si è creduto ed insegnato, hanno preferito sostituirsi ad esse in nome di uno “spirito del Concilio” che, in realtà, era semplicemente disobbedienza e prendere i moti del proprio cervello per moti del Cielo.

Ora, perché questa prefazione? Perché l’esperimento più riuscito di Bianchi, la comunità di Bose, nasce proprio da questo “spirito del Concilio” ed in un momento storico, il 1965, proprio a ridosso dal termine dei lavori per la riforma liturgica. Questo non è affatto un caso; siamo in un periodo (che continua, ripeto, ancora oggi, seppure attenuatosi almeno temporaneamente col pontificato di Benedetto XVI) di smarrimento liturgico e dottrinale. Smarrimento ben concretizzatosi, tra parentesi, dalla pubblicazione dell’eretico “Nuovo Catechismo Olandese” proprio nella seconda metà degli anni ’60, pubblicazione trovata eretica in 14 punti ed ambigua in una quarantina di altri. Il Nostro, tuttavia, non esime dal difendere tale pubblicazione a spada tratta proprio in occasione di un suo commento alla piaga della pedofilia olandese il 23 dicembre 2012 su “La Stampa”, con queste parole:

Come si possono collegare tali misfatti al “catechismo olandese”, opera a suo tempo criticata dalle autorità ecclesiastiche per alcune posizioni teologiche, ma non certo morali?

dimenticando di dire, però, che di quelle ambiguità segnalate dalla Curia una buona parte era proprio di origine morale; ma senza voler approfondire questo discorso, che pure meriterebbe un approfondimento in altra sede, bisogna quindi ricordarsi che si tratta di un’opera composta in un’epoca di smarrimento dottrinale e liturgico (e, quindi, infine morale ed etico), ma che Bianchi difende asserendo che

Ancora più improprio mi appare l’accostamento delle cifre spaventose di abusi all’immagine della Chiesa olandese così aperta e all’avanguardia nella ricezione del Concilio Vaticano II, quasi a lasciar intendere che il clima di rinnovamento di quella stagione e l’episcopato più conciliare abbiano influito al terribile degrado.

quando in realtà fu proprio la Chiesa olandese all’avanguardia nella non applicazione della norme conciliari nella continuità e, anzi, arrivò ad avallare la pubblicazione del “Catechismo” di cui sopra, vero manifesto programmatico dei desideri di distruzione e d’immoralità del clero nordeuropeo.

Tornando a Bose dopo questa necessaria premessa per capire da dove provenga e dove vuole andare, si tratta formalmente una sorta di monastero ecumenico; tuttavia, sempre almeno formalmente, è sotto giurisdizione della locale diocesi, e quindi dipendente dalla Chiesa cattolica. Eppure, se questo luogo ha una peculiarità, è proprio il rifiuto di ciò che appartiene propriamente alla tradizione cattolica: prova ne è, ad esempio, il Santissimo spostato in una cappella laterale, per “non offendere” i non cattolici (gesto, questo, che sa d’ipocrita rifiuto come nel caso di coloro che, dato che siamo sotto Natale, tolgono il Presepe per “non offendere” gli islamici, ma tant’è). Questi atti, in realtà, sono ricalcati pari pari sulle smanie olandesi e belghe, progressiste ed ultra-progressiste oltreché fallimentari ed ultra-fallimentari in una prospettiva storica, che da ormai cinquant’anni ammorbano ed hanno devastato certe chiese locali: in realtà la ricerca di un’approvazione da parte dell’autorità costituita non deve essere vista, a Bose ed in questi casi, come un sottomettersi con filiale obbedienza alle regole della Chiesa, bensì come un paravento ideologico per poi poter fare i propri porci comodi alla luce del giorno, senza temere reprimenda ufficiali (anzi, come già ho fatto notare Bose ha fin troppi legami con la CEI e fin troppo spesso Bianchi è portato sul palmo di mano da elementi che invece dovrebbero ammonirlo se non condannarlo) e tacciando di “disobbedienza” e “scisma” proprio coloro che fanno notare simili realtà. Esistono, infatti, fin troppe “libertà” che tale “monastero” ha assunto nei confronti non solo della Dottrina cattolica, ma anche della Chiesa stessa: per esempio, nota è la celebrazione di una sola Messa a settimana (sempre con la solita scusa del “rispetto per chi non ci crede”, ma allora che monastero è?), e pure è nota la presenza di un singolare “martirologio” all’interno della comunità, dove a fianco di (alcuni) santi cattolici sono affiancati elementi dell’immaginario politicamente corretto, a-cattolico o progressista come Buddha e Gandhi. E’ chiara l’assurdità di tale operazione, non fosse altro che l’ecumenismo può essere considerato solo una forma per ricondurre le “pecorelle cristiane” nell'”ovile” di Roma e non il contrario, mentre con le “pecorelle” di altre religioni è necessario il Battesimo e la predicazione, ma a parte questo, è da notare come si tratti di una realtà perfettamente politicamente corretta (Buddha e Gandhi, al netto di ciò che hanno realmente detto, scritto e creduto, sono figure stereotipate nell’immaginario occidentale radical-chic), quindi sostanzialmente inutile e priva di quel coraggio che gli si vorrebbe attribuire.

D’altra parte, il punto per Bose (e per Bianchi) è proprio questo: come abbiamo visto l’articolo precedente e come vedremo in futuro, la Chiesa non dovrebbe essere il Corpo Mistico del Cristo, deputato ad una missione ben precisa (la salvezza delle anime), bensì una sorta di grande partito politico, in cui possa confluire tutto ed il contrario di tutto. Il “martirologio ecumenico” di Bose mostra ben questo: l’importante per salvarsi non è credere ed essere battezzati (come dice il Cristo), bensì una sorta di vago (e vano) sentimentalismo: basta essere giusti agli occhi del mondo (il quale però è dominio di Satana, quindi la giustizia del mondo non è quella di Dio) per essere cristiani (ma come è possibile essere cristiani se non si crede, anzi proprio si nega il Nazareno?) e salvarsi, e chi se ne importa di Dio! E’, infine, sostituire il proprio giudizio a quello del Signore il grande peccato dietro tutta questa visione, piuttosto mondana (appunto) alla fine della fiera.

Pausa di riflessione: “usi a obbedir tacendo e tacendo morir”

Scrivo questo breve post per spiegare le ragioni per cui ormai da più di due mesi non ho più scritto nulla in questo blog: anzitutto, perché nella Chiesa ormai sovrabbondano le chiacchiere più che la Grazia, e non era necessaria un’altra voce (la mia) che si aggiungesse all’inutile chiacchiericcio che, dai palazzi pontifici sino alle parrocchie ed alle case, ammorba la vita nella fede. Vita che ormai non si basa più sulla preghiera, sul nascondimento e sui Sacramenti, ma sul nascondere Dio a favore del “sociale” (in senso politico, ovviamente), approvazione pubblica e sull’asfissiante “dialogo” che ormai sono solo chiacchiere pronunciate per il puro gusto di ascoltare la propria voce, invece che per guidare gli altri al Cristo ed all’unica, vera Chiesa. Ho fatto mio quindi l’imperativo di Messori, e per di più ormai vivo come un militare dell’Arma, in senso spirituale ovviamente: uso ad obbedir tacendo e tacendo morir. Quindi, prima di tutto l’obbedienza (al Cristo ed alla Chiesa, nel senso anche e soprattutto della Santa Dottrina incorruttibile ed eterna), poi tacere se non si ha niente di intelligente da dire e quindi, se c’è bisogno, “morire” dentro anche quando la prima reazione sarebbe vomitare una fiumana di imprecazioni dinanzi a certe uscite.

Mi sono però già dilungato troppo, quindi prometto che nei prossimi giorni parlerò nuovamente del falso monaco Enzo Bianchi (concludendo così gli articoli), quindi a freddo (troppo è stato detto a caldo) del rapporto tra l’Islam e l’Occidente e sulle sconcezze dette al Sinodo. Per essere onesti, mi piacerebbe anche parlare del Battesimo e del concetto di figliolanza divina, se non sul post sull’Islam su uno dedicato appositamente. Stay tuned, quindi, direbbero gli anglofoni!

Falsi monaci e falsi storici: le origini del pensiero bianchiano

Riprendo finalemente a scrivere, cari lettori, dopo la pausa estiva, e su un tema scottante peraltro. Non posso tacere (e altrove non l’ho fatto, difatti) sui recenti avvenimenti che vedono protagonisti personaggi purtroppo molto noti nel panorama cattolico nazionale, i quali tuttavia propagandano un pensiero in aperto contrasto con ciò che insegna la Chiesa e, in modo sinceramente vergognoso, sfruttano il mecenatismo di personalità potenti (quali alcuni esponenti della CEI, che non rifiuta mai di ospitarli sulle pagine di “Avvenire”) per seminare scandalo e confusione fra i fedeli.

Sto parlando nello specifico del falso monaco e priore della comunità ecumenica di Bose Enzo Bianchi (classe 1943), personaggio ambiguo ed inquietante non solo per le sue opinioni, come mostrerò in aperto contrasto con la Verità e con la Chiesa (che lui reputa alla stregua di un circolo politico e non il Corpo Mistico del Cristo), ma anche per i suoi atteggiamenti e per i suoi supporti con membri siti molto in alto fra l’episcopato. Una premessa: lo definisco falso monaco non per livore o per giudizio alla persona (che non oserei mai; qui ed altrove giudico le idee, non l’intimità di un uomo che, sinceramente, mai ho conosciuto di persona), ma proprio perché costui non lo è, semplicemente: Bianchi si è autoproclamato tale, come pure priore. In realtà, il Nostro è laureato in Economia e Commercio (quindi, non ha mai compiuto nessuno studio accademico né filosofico né teologico, nonostante insista a fare teologia ed esegesi biblica) e non solo non è un prete, ma non è nemmeno un laico consacrato e non risulta da nessuna parte che abbia emesso dei voti privati. In effetti, dovrebbe essere evidente che, se Bianchi può presentarsi come monaco e priore, allora potrei farlo tranquillamente anch’io, dato che ho un titolo di studio universitario non teologico-filosofico (come il suo) e non ho mai emesso alcun voto o avuto alcuna consacrazione in vita mia. Stranezze del cattolicesimo moderno, si dirà, che perseguita santi uomini come padre Manelli (“colpevole” di essere troppo tradizionale e di preferire la Santa Messa in latino al rito ordinario) e favorisce personaggi borderline; ma c’è di più.

C’è che questo personaggio dichiara cose proprio apertamente non cattoliche, e non da dieci giorni (giorno a cui risale una temibile intervista a “Repubblica”, di cui parlerò prossimamente), ergendosi contemporaneamente a giudice delle varie realtà della Chiesa stessa. Questo atteggiamento deriva dai maestri che Bianchi ha avuto, senza dubbio, e a cui tributa molto; nomi che, ne sono sicuro, non hanno bisogno di presentazioni e che, anzi, ben spiegano certi rigurgiti in salsa protestanteggiante e modernista del Nostro: sto parlando di Hans Kung (da lui definito come uno dei padri del Concilio Vaticano II), inquietante personaggio che nega la reale presenza del Cristo nell’Eucarestia nonché il Primato petrino, oltre al famigerato cardinale Walter Kasper, allievo di Rahner (definito, e probabilmente non a torto, l’eresiarca del XX secolo) e propugnatore di tesi, quali l’accesso alla Santa Comunione ai divorziati “risposati”, che non stanno né in cielo né in terra (e, soprattutto, sono espressamente condannate nei Vangeli).

Fatta questa doverosa introduzione, iniziando da tempi più remoti rispetto alle ultime settimane, leggiamo, ad esempio, l’opinione del priore di Bose riguardo al suicidio di alcuni monaci buddhisti tibetani (che non è esattamente una “bella” corrente del buddhismo, ma tant’è agli occidentali piace; magari in futuro parlerò un po’ dell’inquietante figura del Dalai Lama e di che cos’era il Tibet fino agli anni ’50, al netto dei sentimentalismi occidentali) per protesta contro il governo cinese. Ebbene, il Catechismo della Chiesa Cattolica riporta che

2281 Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell’essere umano a conservare e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé. Al tempo stesso è un’offesa all’amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è contrario all’amore del Dio vivente.

E continua

2282 Se è commesso con l’intenzione che serva da esempio, soprattutto per i giovani, il suicidio si carica anche della gravità dello scandalo. La cooperazione volontaria al suicidio è contraria alla legge morale. […]

Si capisce bene, quindi, perché fino a qualche anno fa, pur pregando per i suicidi, la Chiesa ne vietasse le esequie religiose: perché il suicidio, anche nel caso dei cristiani, non può essere considerato un motivo di martirio. Anzi, è l’esatto contrario: è il voler disporre, fino alle estreme conseguenze, della propria vita, pur con tutte le eventuali attenuanti (come riconosce il CCC continuando il punto 2282, “gravi disturbi psichici, l’angoscia o il timore della prova, della sofferenza o della tortura possono attenuare la responsabilità del suicida”), non può essere inquadrato come testimonianza al Signore dei viventi. Quindi, il suicidio è uno degli atti più gravi che si possono compiere contro il quinto comandamento.

Questo scoraggerà il nostro dall’elogiarlo? Assolutamente no; il Nostro infatti scrive, il 12 dicembre 2012 su “La Stampa”, queste parole:

Il martire che si nutre e si ricopre di incensi e profumi per poi ardere compie un’offerta libera e totale per la salvezza di tutti: non mira unicamente alla propria rinascita, ma al rinnovamento del mondo.

Avete capito? Per Bianchi colui che si uccide, sia pure per protesta (e, quindi, sicuramente non ricade nelle attenuanti indicate dal Catechismo) è un martire. Posto il fatto che “non la pena, ma la causa rendono martiri”, e che quindi non possono esistere martiri (cioè testimoni del Cristo) non cristiani, per il priore di Bose essere uccisi pur di non rinnegare la propria fede oppure uccidersi per ragioni di contestazione politica (per carità, legittime ma da attuare con altri mezzi) sono più o meno la stessa cosa. Bianchi non è però nuovo a questa ossessione per il suicidio, da lui visto come mezzo per rendere martire il suicida; già nel 1998, infatti, definì con queste parole il suicidio di John Joseph, vescovo cattolico di Faisabad, avvenuto per protesta contro la legge sulla blasfemia in Afganistan:

una modalità rarissima del martirio cristiano

Ovviamente, però, le eterodossie (quando non aperte eresie) del Bianchi non si limitano alla sua fissazione per il suicidio, il quale è soltanto la punta dell’iceberg del pensiero eterodosso bosiano-bianchiano; infatti, il Nostro aderisce in maniera più o meno diretta ad una eresia condannata dal 325 d.C., cioè dal primo Concilio di Nicea, cioè l’arianesimo. Questa eresia afferma che il Cristo non è vero Dio ma solo vero Uomo; pertanto, non partecipa della natura divina del Padre. In definitiva, il Cristo sarebbe una creatura, non essendo increato e non essendo sempre esistito. Questo, peraltro, inficia l’opera di salvezza del Nazareno, in quanto una creatura non può salvare alcun’altra creatura: solo Dio salva. Eppure, proprio questa è l’opinione del nostro blasonato priore:

Gesù non si sottrae ai limiti della propria corporeità e non piega le Scritture all’affermazione di sé; al contrario, egli persevera nella radicale obbedienza a Dio e al proprio essere creatura, custodendo con sobrietà e saldezza la propria umanità (da “Avvenire”, 4 marzo 2012)

Avete capito? Bianchi ammette che, per lui (ma certamente non per la Chiesa, né per Dio stesso ovviamente) il Cristo non è il Figlio di Dio e, quindi, una Persona della Santissima Trinità; no, asserisce direttamente che si tratta proprio di una creatura. Certo, una creatura grandissima, un maestro superiore agli angeli, però una creatura. Quindi, il Nostro aderisce a quella corrente di pensiero, purtroppo tristemente diffusa specialmente tra non cristiani ed atei in generale, che vedono nel Cristo soltanto una grande personalità della storia, al pari del Buddha o di qualche personalità politica, ma non come l’Emmanuele, il “Dio con noi”; questo è, a mio avviso, il punto più grave dell’intero pensiero di Bianchi (che, ricordo, non è certo un filosofo o teologo ma è fin troppo ben considerato dai nostri vescovi e cardinali).

Ovviamente, negando la divinità del Nazareno Bianchi non può che negare tutta un’altra serie di cose, non ultime la storicità dei Vangeli e la realtà dei segni (termine che io preferisco a miracolo, in quanto indicante maggiormente l’azione straordinaria di indicazione, di prodigio operato da Dio per confermare la Sua presenza tra di noi). Il Nostro, essendosi liberamente abbeverato dalle fonti dei vari Rahner e Kasper e, più in generale, di ogni ultraprogressista ai limiti dell’eresia (nella felice eventualità che quel limite non sia stato oltrepassato), così asserisce il 12 giugno 2011 nella trasmissione “Uomini e Profeti):

Certo Gesù svolse in qualche modo una attività di taumaturgo o guaritore … Ma i racconti poi si arricchivano di particolari e sovrastrutture di tipo ‘liturgico’”

In sostanza, i Vangeli non sono, come dice la Costituzione Dogmatica Verbum Dei sulla Divina Rivelazione (documento di quel Concilio Vaticano II a cui il priore di Bose, dichiaratamente, si rifà di continuo e che, anzi, come vedremo in sostanza considera l’unico Concilio in 2000 anni di storia della Chiesa):

Ciò venne fedelmente eseguito, tanto dagli apostoli, i quali nella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni trasmisero sia ciò che avevano ricevuto dalla bocca del Cristo vivendo con lui e guardandolo agire, sia ciò che avevano imparato dai suggerimenti dello spirito Santo, quanto da quegli apostoli e da uomini a loro cerchia, i quali, per ispirazione dello Spirito Santo, misero per scritto il messaggio della salvezza.

Altro che invenzioni degli apostoli, i segni, la Chiesa ci insegna, sono eventi avvenuti realmente ed in contesti storici e geografici ben precisi, non semplici racconti o metafore. Ovviamente, se si nega la divinità del Cristo, ne consegue che queste eventi divengono problematici, in quanto contengono al loro interno una dimensione trascendente ed escatologica (non liturgica, almeno non in senso stretto) che rivela la divinità del Figlio di Dio e che va al di là del singolo atto; in altre parole, i segni del Cristo hanno anche significati ulteriori rispetto a quello di essere semplici guarigioni, significati che rimandano all’essere del Nazareno il Signore, Figlio di Dio e Seconda Persona della Santissima Trinità. Bianchi, negando spesso implicitamente questo (come risulta dal suo concentrarsi sempre sul Cristo come Vero Uomo, e mai come Vero Dio) ed esplicitamente, come abbiamo appena visto, almeno in una occasione, non può concepire questo; pertanto, in sostanza, gli apostoli dovevano essere dei truffatori o dei visionari, che hanno divinizzato a posteriori le imprese (o almeno, quelle che implicano modifiche nell’ordine naturale delle cose, cioè i segni) di un semplice santone o maestro vissuto nella Palestina del I secolo. Un grande uomo, certo, ma appunto non il Figlio di Dio ed alla pari con tutta una serie di profeti, falsi e non, e di predicatori che circolavano in quel tempo a Gerusalemme e dintorni.

Chiaramente Bianchi, in quanto negatore della divinità del Cristo e della Sua azione anche al di fuori del normale corso delle cose, è inarrestabile; nella stessa trasmissione asserisce anche che

“Un Dio che castiga meriterebbe piuttosto di essere negato che non creduto”

In un colpo solo, Bianchi riesuma due eresie al prezzo di una: non solo infatti è implicito che l’Inferno sarebbe vuoto (dal momento che, non esistendo castigo divino, ne consegue che non esistono neppure né dannati né demoni) ma è anche assente la giustizia di Dio. In realtà, è il Cristo stesso, nei Vangeli (la cui storicità, però, Bianchi nega, sebbene asserisca nonostante tutto, sbagliando anche in questo caso, un primato della Parola su tutto il resto all’interno della sua comunità) , a fare affermazioni molto chiare in merito; in questa vita noi siamo nel tempo della misericordia, ma dopo la morte si entra nel tempo della giustizia, giustizia che comprende anche il castigo divino. Tale castigo inoltre può manifestarsi anche in questa vita, quando ad esempio Dio permette agli uomini di fare ciò che vogliono dimentichi di Lui, non sapendo (o volendo ricordare) che senza di Lui non possiamo fare nulla. Nel mistero della Santissima Trinità, infatti, carità, misericordia e giustizia sono intimamente legate; ma Bianchi, negando la divinità del Cristo, finisce anche per negare anche la sua valenza di giudice assoluto in questa vita e nell’altra e l’intima relazione fra queste virtù.

Quindi, ricapitolando, al di là delle approvazioni della gerarchia ecclesiastica a Bose e degli agganci del Nostro siti molto in alto, il pensiero di Bianchi è eterodosso, problematico e, in definitiva, non cattolico nei seguenti punti:

  • Affermazione del suicidio, almeno in alcuni casi, come uno strumento di martirio e non come un grave peccato (rifiutando il Catechismo nei punti  2280-2282).
  • Negazione della divinità del Cristo, aderendo ad un arianesimo de facto (condannato già da Nicea nel IV secolo), che scardina alla base la fede cristiana.
  • Negazione dei Vangeli come resoconti veri e fedeli della vita del Cristo.
  • Negazione dell’esistenza dei segni.
  • Negazione (implicita) dell’Inferno come luogo di dannazione ed affermazione (esplicita) di un concetto distorto di giustizia divina.

A questo, inoltre, come vedremo in futuro, va aggiunto anche il suo livore nei confronti dei pontefici precedenti all’attuale (che pure, sicuramente su consigli interessati, diedero qualche ruolo al Nostro in curia), nonché altre gravi affermazioni uscite di recente su “Repubblica”.

Clericalismo franceschista

La Chiesa ha affrontato, nel corso dei secoli, non solo le più grandi eresie e scismi ma anche i più disparati atteggiamenti, movimenti politici e clericali al suo interno, i quali si prefiggevano (o prefiggono, dato che alcuni, apparentemente morti e sepolti da tempo, periodicamente rifanno la loro comparsa, spesso accompagnati da ipotesi teologiche à la mode al limite dell’eresia, se non l’hanno già oltrepassato) di piegare la Sposa del Cristo ai loro interessi e non, invece, mettersi al servizio della stessa. In questo gioco di forzature, di intrighi politici e di gare a chi manda il proprio cervello all’ammasso più in fretta possibile e per i motivi più disparati, spesso secondo la formula guareschiana dei trinariciuti, che oggi dicono una cosa e domani ne dicono un’altra per compiacere al partito (in senso lato, ovviamente), ci sono due categorie che sono altamente diffuse oggigiorno e che rappresentano alla fine due facce della stessa medaglia: da una parte abbiamo l’anticlericalismo, che vede nel clero cattolico la fonte di ogni male e di ogni problema, invocandone la distruzione o, peggio ancora, l’adattamento al profano e la dissoluzione nel mondo; dall’altra il clericalismo, vera e propria idolatria di questo o quel personaggio o movimento interno alla Chiesa, spesso sfociante in estremizzazioni del pensiero stesso e nell’odio e nell’ostracismo verso chiunque non professi a chiare lettere il medesimo “affetto” nei confronti dello stesso soggetto. Il primo è un fenomeno prevalentemente secolare, il secondo è un fenomeno prevalentemente cattolico, ma il risultato è il medesimo: entrambe sono forze che, schiacciando da fuori e tirando da dentro, cercano di nullificare la Chiesa adattandola al proprio pensiero, talvolta senza rendersene conto. Detto questo, c’è però un tipo di clericalismo particolarmente virulento e pernicioso, molto diffuso ed, ormai, piuttosto incancrenito, che io chiamo”clericalismo franceschista”.

Questa forma di clericalismo si è affermata sin dai primi giorni del pontificato dell’attuale Papa, ma in realtà ha radici ben più profonde: sorge dal desiderio non di conformarsi alla Chiesa ma di conformare la Chiesa a sé stessi. Guarda caso, infatti, questi “slanci d’amore” non sono rivolti tanto verso il soggetto di queste passioni; al contrario, sono spesso onanistiche chiusure in sé stessi, in cui si cerca il compiacimento degli altri e non di fare, invece, un po’ di sana autocritica confrontandosi con il soggetto di queste pulsioni. Il clericalismo franceschista, però, ha un asso nella manica rispetto al normale clericalismo: complice anche l’ambiguità (vera o presunta) di certe parole ed atti dell’attuale Pontefice, può appoggiarsi non solo sui tradizionali baciapile ma anche (e soprattutto) su nemici storici della Cattolica. Basti pensare, ad esempio, a Scalfari, ieri nemico giurato di ogni forma di credenza ed oggi più papista del Papa, passato nel volgere di una sola intervista (manipolata o meno non è dato sapere) da furioso anticlericale a mite clericale. Quindi, il clericalismo franceschista, godendo anche del supporto di certi elementi, gode anche (per estensione) del supporto del mondo, dal momento che costoro ben rappresentano quest’ultimo e sono, anzi, spesso a capo dei movimenti politici e dei mezzi d’informazione che lo controllano; quindi, a differenza del “tradizionale” clericalismo, a volte talmente spinto da essere ridicolo e da difendere l’indifendibile, il quale ben si presta ad essere ridicolizzato dal mondo oltre che dagli stessi fedeli, il clericalismo franceschista è “alla moda”, “va forte” e, soprattutto, non porta ad alcuna ostracizzazione da parte di una società sempre più anticristica ed anticristiana; al contrario, suscita nel fedele medio e nel neo-pagano da bar un moto d’istintiva simpatia. Simpatia che, però, mal cela il compiacimento per una Chiesa che, spesso solo nella mente di costoro, “finalmente” si adegua ai loro desideri, anziché il contrario (come dovrebbe essere).

Detto questo, che spiega come sin dalla sera dell’elezione al Soglio pontificio di Jorge Mario Bergoglio buona parte del mondo si sia scoperta “cattolica” dopo aver per anni, se non decenni o persino secoli, auspicato la distruzione della Chiesa, bisogna notare che i primi, per ovvi motivi, a soffrire di clericalismo franceschista sono proprio gli stessi membri del clero, e per ben precise ragioni. I quali, fino a ieri, facevano ciò che volevano nella liturgia (e, talvolta, anche nella pastorale, indicatore di ciò che avviene nella Dottrina peraltro) nonostante l’esempio pontificio, anzi ignorandolo a bella posta se non proprio contestandolo bellamente, sfruttando episcopati ed organi di controllo talvolta compiacenti verso questi atteggiamenti, più spesso nullafacenti e latitanti; oggi, invece, continuano a fare questo grazie a ciò che viene fatto in San Pietro, usando gli atti del Pontefice come clave contro chiunque abbia qualcosa da ridire contro certi “estri” e certe affermazioni. Il problema più grave, però, è che fino a ieri costoro non potevano contare sulla scusa del “ma lo fa anche il Papa”, bensì soltanto lanciare strali ed accuse di discriminazione per poi fare comunque come li aggradava, mentre oggi lo fanno anche se non potrebbero (ad onor del vero il Romano Pontefice può derogarsi dalle disposizioni canoniche, anche se questo è, per ovvi motivi, “sconsigliato”; gli altri, no in ogni caso) adducendo un adeguarsi alle “nuove usanze” pontificie, quando in realtà hanno fatto questo per anni ed anni, infischiandosene invece di chi, proprio in ossequio al culto divino, insisteva a dare il buon esempio!

Capite il giochino, non nuovo nella storia ma che si ripropone prepotentemente nel “clericalismo franceschista”? Non si tratta di trarre insegnamento dal Magistero del Pontifice regnante (allo stato attuale molto ridotto, peraltro), bensì adeguare questo alle proprie paturnie ed alle proprie ideologie: dalla “riscoperta” di mons. Antonio Bello (sui cui aspetti più scandalosi e, se vogliamo, perversi, come la Madonna in costume da bagno, la vulgata clericalmente corretta glissa senza pudore) a ritualità che non hanno motivo di esistere al di fuori di San Pietro, passando per le continue citazioni di Francesco nelle omelie, tutto è funzionale a questa che, ad un occhio vigile, sembra riconducibile ad una enorme operazione di marketing nelle realtà parrocchiali anziché (tranne poco casi) un reale ossequio al Papa. Un mero fenomeno di moda e di (mal)costume, insomma, che ben poco ha a che spartire non solo con un reale ossequio del Magistero pontificio ma anche con una sana prassi ecclesiale.

Tutto ciò implica che il rispetto al Romano Pontefice che molti tributano, in realtà, non sia una forma di sana venerazione bensì di vero e proprio clericalismo. Clericalismo che però non nasce con Francesco: già c’era, e da sempre (probabilmente). Solo che i “creativi”, coloro che più che seguire il Ministero petrino in tutto lo seguono solo nelle parti che comodano perché adattabili al politicamente corretto (e, quindi, all’approvazione sociale in una società sempre più dichiaratamente ostile al cristianesimo in generale ed al cattolicesimo in particolare) e ad una loro personale interpretazione liturgica, dottrinale e pastorale, spesso ad onor del vero nemmeno coincidente con l’attuale corso, fanno quello che fanno non per un reale conformarsi allo stile del Papa: loro queste cose già le facevano, in barba al predecessore dell’attuale Pontefice. Quindi, alla fine della fiera, questo presunto “devozionalismo” verso la figura del Pontefice in realtà è verso la figura di Francesco più che verso il Ministero petrino in sé, e più per ragioni di marketing e di quieto vivere che non di “pastorale” e di “scelte coraggiose” (le quali scelte coraggiose, oggigiorno, sarebbero seguire le disposizioni liturgiche e dottrinali in tutto, convertendo sé stessi e non pretendendo che la Chiesa si converta al proprio ego), in una Chiesa che (almeno in alcuni ambienti, non tutti per carità) va sempre più a braccetto col mondo e ha paura di porsi come segno di contraddizione verso questo.

The Day After Tommorow

Sebbene abbia avuto, sin dopo poche ore dai fatti, la tentazione di commentare quanto avvenuto in Irlanda, con il carrozzone gay portato alla ribalta con un referendum, ho deciso di parlarne solo ora proprio per avere un’idea, per così dire, più lucida possibile ed obiettiva. Non influenzata da sentimenti che, vi garantisco, mi avrebbero portato a scrivere un articolo fin troppo sopra le righe e poco razionale.

Anzitutto, è iniziato il martellamento con la nenia della “cattolicissima Irlanda che apre ai “matrimoni” (le virgolette sono mie, dato che mi rifiuto di chiamare matrimonio ciò che non lo è, pure citando i discorsi dei laicisti) gay”. Vorrei cominciare a riflettere proprio su questo: ma l’Irlanda è ancora cattolica, anzi “cattolicissima”, e soprattutto lo è mai stata? Così pure altri Paesi come Polonia e Belgio sono mai stati, almeno in periodi recenti, “cattolicissimi”? La risposta è no, dato che quei Paesi erano cattolici non per fede ma per convenienza politica e patriottismo in chiave nazionalista. Facciamo la conta dei presenti: Irlanda, Paese che ha trovato la propria identità storica nel cattolicesimo in contrapposizione all’anglicanesimo britannico; Polonia, Paese stritolato tra la Russia (ortodossa) e la Germania (luterana); infine Belgio, collocato vicino sempre alla Germania ed alla Olanda, di fiera tradizione protestante e bestialmente anticattolici. Senza negare i luminosi esempi di vera fede che provengono da queste nazioni, vero è che la maggior parte della popolazione non è mai stata cattolica perché innamorata del Cristo, bensì per un semplice sentimento patriottico, per la Patria insomma che si scopre cattolica alla faccia degli Stati confinanti, con cui c’è da sempre un rapporto di amore/odio. Rimossa la necessità di respingere culturalmente (non solo con le armi) il “barbaro invasor”, ecco che decade automaticamente in una generazione, o al massimo due, il motivo dell’appartenenza alla Chiesa: prova ne è proprio l’Irlanda, che assieme alla distensione dei rapporti con il Regno Unito si è scoperta anticattolica e laicista. In sostanza, quindi perché è avvenuto questo voltafaccia, questo tradimento nel giro di vent’anni o giù di lì? Semplice: perché la fede di buona parte della popolazione non si basava su un sincero amore per il Cristo e per la Chiesa, bensì sulla contrapposizione tra diverse religioni “nazionali” (che lo fossero realmente o meno poco importa, perché così erano percepite).

Poi, è da notare anche la strategia usata per far passare questi obbrobri, strategia non iniziata nel 2014 (come qualcuno vorrebbe far credere a torto), bensì nel 2009, con lo scandalo pedofilia che ha indebolito la Chiesa. Posto che diversi casi, come avvenuto altrove (vedasi USA), erano in realtà balle volte soltanto ad infangare la Cattolica e basta, certamente l’intera questione è stata manipolata e sfruttata proprio da coloro che volevano indirizzare il dissenso contro la Sposa del Cristo. E’ innegabile che, anche se solo per convenienza o per tradizione, un popolo tende ad essere abbastanza “conservativo”, più o meno, in materia religiosa; cosa c’è di meglio quindi di un bello scandalo che porta come assunti “tutti i preti sono pedofili” (e quindi i ministri della Santa Romana Chiesa) e “la Chiesa sapeva ma non ha fatto nulla” (e varianti) per separare definitivamente gli indecisi dalla Sposa del Cristo da ciò che adesso è solo ingombrante (in quanto inutile dato che è svanita la polemica contro gli Stati confinanti) e trascinarlo dalla propria parte? In fondo, come ci insegnano gli stessi gay, è estremamente difficile “convertire” le persone decise e sicure dei propri ideali; il punto è che, però, la maggior parte degli individui (anche se non piace pensarlo) è debole ed indecisa, pronta a pensare con la testa degli altri che non con la propria. Quelli sono i veri bersagli di qualsiasi campagna, anche politica, soprattutto politica: non i “credenti” o i “miscredenti” in questa o quella causa, bensì quelli che stanno nel mezzo, quelli che fanno ciò che viene loro ordinato purché ci sia una qualche forma di pressione sociale (o presunta tale) ad esigerlo.

Tra l’altro, come denunciato altrove, è da notare anche la porcata che è stata effettuata per rimuovere buona parte delle opposizioni al voto, porcata su cui bisogna vigilare perché non avvenga anche in Italia: la maggior parte degli irlandesi, come pure delle persone nel nostro Paese, è contraria alle adozioni per le coppie gay, “sposate” o meno. Questo perché qualsiasi persona di buonsenso riconosce che, normalmente (uso questo avverbio per escludere i casi patologici e, fortunatamente, rari, quali padri pederasti o violenti), solo nelle famiglie “tradizionali” (cioè vere) è possibile che i figli crescano bene. Perfetto. Ora, il governo irlandese sapeva bene che, posto ciò, la gente avrebbe rifiutato le “nozze” gaie ad oltranza, quindi hanno trovato un escamotage per eliminare il dissenso (alla faccia della democrazia e del libero voto): hanno fatto approvare oltre un mese fa per via parlamentare le adozioni per i gay, in tutte le forme ed in tutte le salse, e ancora prima i restanti “diritti” per le coppie gay. In altre parole, hanno svuotato il referendum del suo significato, il quale alla fine equivaleva soltanto ad un insignificante “volete chiamare matrimonio le unioni gay sì o no? Tanto sono già equiparate ai matrimoni etero e le adozioni sono già permesse in tutti i modi possibili ed immaginabili, e rimarranno tali che vi piaccia o no”. Questa schifezza, che dimostra come coloro che si riempiono la bocca di parole come “democrazia”, “diritti”, “libertà di (qualcosa)” e compagnia cantante sono in realtà, spesso, solo dei piccoli tiranni che esaltano la “libertà” di pensarla come loro. Tutti gli altri, i cattolici per esempio, devono stare zitti e subire le loro angherie, possibilmente estinguersi in silenzio senza rompere tanto le scatole a nessuno.

Alla fine risulta un copione estremamente aggressivo, che ha previsto anche l’uso di ingenti fondi esteri (si parla di svariati milioni di dollari; d’altra parte si sa, pecunia non olet ed anzi, specialmente se si è cattolici solo nominalmente, per appartenenze “patriottiche” e non per fede, profuma pure) e l’eliminazione di qualsivoglia opposizione laica svuotando di significato il referendum stesso. Sfruttando l’appoggio dei media (i quali hanno fatto partire vere e proprie campagne diffamatorie contro chiunque non fosse d’accordo, usando il plastico ed ideologico concetto di “omofobia” per silenziare chiunque osasse esprimere pareri contrari)  e, anche, delle lobby e delle potenze straniere (primi fra tutti gli USA) è stato possibile effettuare un vero e proprio colpo di mano, forzando la scelta e rendendo questa “vittoria popolare”, in realtà, una oscena parata truccata e fasulla.

C’è, però, qualcosa di ancora peggiore di questo: i cattolici, o almeno sedicente tali, che per la loro rilevanza avrebbero dovuto quantomeno protestare e prendere posizione contro questo scempio non hanno fatto assolutamente nulla. Non sto parlando soltanto di preti o laici, ma anche di vescovi che rilasciano simili dichiarazioni:

Ci dobbiamo fermare, guardare ai fatti e metterci in ascolto dei giovani. Non si può negare l’evidenza

Parola dell’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin. Ora, che cosa significa questo? A parte il solito giovanilismo, per cui sembra che siano stati solo i “giovani” e non anche parecchie teste canute (pure tra il clero cattolico) a contribuire alla vittoria del sì, ma cosa significa che bisogna “mettersi in ascolto” e che “non si può negare l’evidenza”? Quale evidenza, monsignore? L’evidenza di una chiesa, quella irlandese, che non ha fatto nulla ma che, anzi, ha promosso questa vittoria col silenzio/assenso quando non proprio incitando alla scelta anticristica? Quella di un clero compiacente col potere laicista al governo che, invece di richiamare alla fede ed alla ragione contro l’approvazione pubblica di un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio (altro che storie e favole!), ha preferito zittire quattro vescovi che hanno avuto il coraggio di alzare la voce, emarginandoli e lasciandoli da soli? Oppure quello che ha permesso si arrivasse a questa situazione, sempre dimostrando mancanza di coraggio se non approvazione, levando poche o nessuna obiezione quando sono stati approvati sia i “pari diritti” per le coppie gay sia le adozioni per le coppie omosessuali? Ci dica, monsignore, ci dica.

Questi atteggiamenti sono ancora più dolorosi, e più dannosi alla salvezza delle anime, delle pressioni lobbistiche, dei gay che vogliono ciò che non possono avere e della massa, ormai sempre più indottrinata ed aizzata contro la Chiesa: sono veri e propri tradimenti, silenzi/assenso volti solo a non subire critiche per quieto vivere se non per avere vantaggi. Tradimenti contro la Chiesa, che questi hanno giurato di servire; tradimenti contro i confratelli, che ancora la servono; tradimento contro i cattolici, che guardano ai nostri pastori come a modelli di fedeltà (e non d’infedeltà, come purtroppo capita) alla Chiesa. Purtroppo, è vano discutere: finché i cattolici in generale e l’episcopato in particolare non avranno ritrovato il coraggio di dire le cose come stanno, di smetterla di nascondersi dietro un dito e di abbracciare la Santa Dottrina sul serio, non soltanto per convenienza o per mancanza di alternative al loro non far nulla, soprattutto a tornare ad offrire atti, Messe e preghiere in riparazione e per evitare che ciò accada altrove, allora quanto successo in Irlanda continuerà ad accadere, anzi è destinato a ripetersi; non solo, sempre più gravemente e celermente.

Ormai, è chiaro che il cattolico, a fronte di una gerarchia sorda ai desideri di Dio ma non ai propri, non può più aspettare solo aiuti dall’alto: al contrario, bisogna iniziare ad agire, ciascuno con il proprio ruolo all’interno dell’Unica, Vera Fede. Altrimenti, l’alternativa sarà proprio lo spauracchio che simili fasulli “democratici” paventano: la dittatura e l’eliminazione di ogni forma di dissenso, specie cattolico, dalla scena pubblica.

Gaiezza vescovile

Non sappiamo se qualcuno dei discepoli era gay o la Maddalena era una lesbica. Sembra di no perché molti sono passati tra le sue gambe.”

A leggere queste parole, sembra di sentir parlare un qualche rappresentante dei movimenti LGBT più estremisti, pronto a scagliarsi contro qualunque forma di cattolicesimo che abbia a questionare sulle sue richieste di “nuovi diritti” e simili scempiaggini. E invece no: questa frase, detta con un linguaggio da scaricatore di porto e con probabile sottinteso di malcelate fantasie suine, non è opera di qualche piccolo anticristiano che pensa di poter scandalizzare, o anche solo far arrabbiare, i cattolici fallendo miseramente; peggio, è stata pronunciata da un vescovo, mons. Juan Vincente Córdoba, peraltro presidente della Commissione per la vita in Colombia, in un convegno promosso dagli LGBT. Questo sì che la rende scandalosa, dato che a pronunciarla è non soltanto un vescovo, quindi tenuto ad obbedire al Cristo ed alla Sua Chiesa (cosa, purtroppo, sempre meno frequente), ma pure presidente di un organo che dovrebbe essere sempre contrario, proprio per questioni di fedeltà alla Sposa del Cristo, a queste idiozie. Ma il monsignore, non contento di questa prodezza, ci tiene a precisare:

Nessuna attrazione è male. Quando diciamo che un omosessuale è un peccatore, io direi che lo stesso si può dire, o non dire, di un eterosessuale. Io direi: i fratelli omosessuali quando si sposano hanno quello che noi chiamiamo fedeltà e formano i loro figli con amore.”

A parte il fatto che la prima domanda da rivolgere al monsignore dovrebbe essere “quali figli? Quelli comprati con l’utero in affitto sfruttando donne dei Paesi poveri, o quelli abusivamente adottati sottraendoli a famiglie composte da un padre e da una madre?”, ma poi che cosa vuol dire “nessuna attrazione è male”? Certo che gli omosessuali sono peccatori come anche gli etero, resta il fatto però che la sodomia (insieme alla pedofilia, alla bestialità ed a simili “prodezze”), e non l’omosessualità tout court, rientra nel peccato impuro contro natura, quindi uno dei quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio. Qui c’è poco da scherzare: se è vero che anche per un etero andare a prostitute, usare contraccettivi e darsi ai rapporti prematrimoniali è un peccato (e pure grave), vero è che nessuno di questi può qualificarsi come un peccato impuro contro natura, il quale è una spanna sopra. Il peccato impuro contro natura è proprio una violazione (e una violenza) nei confronti dell’ordine voluto da Dio e della natura umana, quindi non è sullo stesso piano di quello commesso da due ragazzi che “si danno alla pazza gioia”: è peggiore, molto peggiore. Se ne rende conto, il monsignore, della tremenda apologia del peccato (e che peccato, come se uno dicesse che uccidere chi ci sta antipatico o opprimere i più deboli andasse bene, anzi che si tratta di un progresso di civiltà buono e giusto) che sta compiendo? Probabilmente no, dato che prosegue:

Lasciamo scegliere ai bambini, non possiamo decidere per loro. Un bambino abbandonato per esempio, noi gli possiamo dare due papà o due mamme, dopo che hanno perso la loro mamma e il loro papà.”

Avanti col finto pietismo, cavallo di battaglia per gli LGBT e, più in generale, per chiunque difende una posizione sapendo di essere nel torto: poveri piccini, facciamo scegliere ai bimbi, soggetti che, proprio perché non sono maggiorenni, non possono essere soggetto od oggetto di diritto (e, quindi, non possono prendere queste decisioni legalmente). Anzi, magari facciamo scegliere per davvero ai più piccoli se avere una mamma ed un babbo, o se preferiscono avere due lesbiche o due gay che fanno finta di essere quello che non sono: sono certo che ne vedremmo delle belle. Soprattutto, sono certo che i bambini di cui sopra finirebbero per essere accusati di essere “omofobi” (qualunque cosa voglia dire), e quindi da rieducare a suon di falli di peluche e palpeggiamenti al limite della pornografia (e della pedofilia). No, monsignore, un bambino non può scegliere, e se lo facesse non credo proprio che Le piacerebbe la risposta: i bambini crescono bene solo in presenza di un padre e di una madre, perché così veniamo al mondo e solo così possiamo crescere bene, dato che solo l’uomo e la donna sono complementari fisicamente, mentalmente, psicologicamente e, perché no, spiritualmente. Dire al bambino che venire allevato da due uomini o da una coppia eterosessuale normale sarebbe la stessa cosa non solo è contrario a ciò che dice la Chiesa: è contrario alla ragione ed al buonsenso. D’altra parte, la logica non abbonda da queste parti, se lo stesso poi prosegue prima sostenendo che la questione sul “matrimonio” gay:

non è una battaglia tra pene e vagina” (sic!)

e poi incalzando pure:

[…]le unioni omosessuali non le consideriamo peccato, anche se per la chiesa non le possiamo chiamare matrimonio.”

Classica soluzione politicamente corretta: i “matrimoni” gay per la Chiesa (mica per lui, ci mancherebbe se un vescovo del suo calibro ci fa la grazia di essere cattolico!) non si possono chiamare matrimonio, ma per lui (e credo altri membri della Conferenza Episcopale locale a giudicare da come parla, prova di quali fogne queste tendano a diventare in certe parti del mondo quando sono troppo distanti, geograficamente o socialmente, da Roma) va tutto bene, anzi per loro non sarebbero peccato ma la Chiesa, anche quella nuova, francescana, mediatica, interattiva, 2.0 e qualunque altra scempiaggine venga in mente, non glielo permette: cattiva Chiesa, cattiva! Non mater et magistra, non Sposa del Cristo che simili elementi dovrebbero servire e non, invece, sottomettere al loro volere: no, nei loro discorsi la Chiesa diviene una matrigna cattiva, che ostacola i “poveri” omosessuali nei loro desideri di mettere su famiglia. Proprio edificante sentire ciò da un vescovo, che dovrebbe mettere ai primi posti della sua pastorale l’insegnamento delle verità di fede ed il non dare scandalo su certi argomenti.

Purtroppo, questo caso non è isolato: basta vedere quanto accaduto al Sinodo straordinario (e quanto avverrà, ne sono sicuro, a quello ordinario). Non è neanche giusto vederle come pazzie isolate, follie innescatesi chissà perché in alcuni cattolici: no, questi sono segni della crisi morale e dottrinale in cui la Chiesa, e specialmente (dico “specialmente” perché il pesce inizia a puzzare dalla testa, non perché sia preponderante tra) il clero, versa. Un mondo dove chiunque si costruisce un cattolicesimo a proprio uso e consumo, politicamente corretto ed ultra-progressista se gli va, in cui gnosticamente gli opposti possono coesistere in nome di un “volemose bene” che di cattolico, e men che meno di martire, non ha niente. Non si tratta solo di carenze dottrinali o di eresie dette per avere il plauso del mondo: peggio, è un nuovo luteranesimo ormai endemico e tumorale, che mira a fare ciò che il primo non è riuscito a compiere, cioè dissolvere la Chiesa nel mondo, neutralizzandola ballando attorno al vitello d’oro di una “modernità” che, sotto la sua facciata buonista e politicamente corretta, non è mai stata e non sarà mai amica della Chiesa (anzi, proprio perché il principe di questo mondo è Satana, non solo non è amica ma è ferocemente nemica di tutto ciò che è cattolico). Si sta parlando di vescovi e cardinali, pastori in ruoli chiave con potere, se non decisionale, esecutivo nelle proprie mani e che usano questo non per la maggior gloria di Dio, ma per vendere il Cristo per trenta denari al miglior offerente, senza avere nemmeno la decenza di avere sensi di colpa successivamente (e come potrebbero, d’altro canto, ebbri degli applausi del mondo?).

Circolo per dame annoiate ed anziani signori

Riprendo, per questo mio ragionamento molto amaro (vi avviso in anticipo), un avvenimento dell’ormai lontano settembre 2009: l’allora presidente della CEI mons. Angelo Bagnasco, in conferenza stampa, dichiarò che non era intenzione della Chiesa operare attivamente per la conversione degli ebrei. In pratica, diceva l’esimio cardinale (successivamente co-protagonista di un atto blasfemo quale la Santa Comunione amministrata al buddhista transessuale impenitente Vladimiro Guadagno, in arte Vladimir Luxuria), seguendo le orme del Concilio Vaticano II (e per mettere una pezza a quanto fatto da Benedetto XVI, così tanto politicamente scorretto e misericordioso, sul serio, da aver reintrodotto la preghiera per la conversione degli ebrei, non tanto in quanto ebrei ma in quanto ripudiano il Messia che dichiarano di attendere), o meglio del Concilio Vaticano secondo lui.

Ora, questo mi porta a fare due amare considerazioni, una di natura ecclesiale ed una sulle conversioni. La prima: questi prelati, che d’un tratto si scoprono parte di una Chiesa missionaria come non lo era mai stata in precedenza (cosa tra l’altro non vera comunque la si voglia vedere, ma pazienza), iniziano ad indicare categorie protette a cui non bisogna annunciare il Vangelo, contravvenendo proprio un preciso ordine del Cristo. In pratica, se la logica non è un’opinione, ne consegue che il Cristo e la Sua Sposa non sono necessari per la salvezza dell’uomo: sono meri orpelli, se ci sono meglio, se non ci sono è lo stesso. Quindi, in buona sostanza, né il Cristo né tanto meno la Chiesa servono a nulla; e chissenefrega delle parole del Signore! Prima o poi (anzi, è già capitato, vedasi il Sinodo di ottobre) qualcuno tra questi alti prelati dirà, se non direttamente tra le righe, che il Cristo era un pericoloso integralista, contrario al dialogo ed all’ecumenismo, dimenticandosi che Lui non ha mai parlato di ecumenismo e dialogo: ha detto di annunciare la Lieta Novella a tutte le genti e di battezzarle. Punto. Il resto deve essere teso ad ottenere questo scopo, non affossarlo e seppellirlo nella melassa di un politicamente corretto e di un buonismo che di cristiano hanno ben poco, se non niente. Beninteso, è ovvio che non deve essere operata coercizione nella conversione del prossimo: a differenza di altre religioni, la salvezza può procedere soltanto da una libera e volontaria adesione al Cristo; ma da qui a dichiarare di non voler adoperarsi perché certe “categorie protette” si convertano, fosse anche solo annunciare loro il Vangelo, pregare per la conversione e dibattere su varie questioni per mostrare la ragionevolezza della fede cattolica, ce ne corre!

La seconda considerazione discende da questa: se la Chiesa, all’atto pratico, per questi signori serve a poco per non dire nulla, perché dirsi cattolici? Questa visione della Sposa del Cristo, che la riduce da Corpo Mistico del Signore ad insieme di persone che vogliono bene (nemmeno Lo amano) al buon Gesù, finisce per trasformarLa in un circolo per dame annoiate ed anziani signori, i quali passano in buona sostanza il proprio tempo a discutere sul niente. Da lì alla mal sopportazione per i convertiti, specie se giovani, il passo è breve: il convertito, proprio perché convertito, difficilmente sopporta il politicamente corretto, i compromessi di comodo e le varie sciatterie e sciocchezze clericali. Quindi, al di fuori di facili giovanilismi che servono a propagandare una visione della Chiesa semplicemente da rabbrividire, il convertito rompe le scatole: fa le domande scomode, è “fondamentalista”, non si rassegna a vivere nella tiepidezza e nella mollezza propria di chi, fosse questione di andare in chiesa la domenica o in moschea il venerdì, non gliene importerebbe meno e che al più considera l’essere cattolico, appunto, come appartenere ad un circolino, elegante quanto si vuole ma sempre circolino. Magari con la giustificazione di un Concilio che non solo non è mai avvenuto, ma che lorsignori si mettano il cuore in pace non avverrà mai.

Radicalismo universitario

Ho visto alcuni giorni fa i libretti appena distribuiti dal Collettivo di Scienze degli Studenti di Sinistra nelle università della mia città: un coacervo di odio e calunnie anticattoliche, mascherato sotto una patina di (apparente) liberalismo che in realtà è soltanto radicalismo ed antagonismo fine a perseguire determinati scopi di una determinata ideologia. Ma d’altronde questa è l’essenza dei movimenti anticristiani di oggi: vecchi movimenti ideologici e totalitari (quali fascismo e comunismo) camuffati in nuovi movimenti ideologici e trasfigurati in radicalismo di massa. Chiariamoci: io sono contrario sia al comunismo che al fascismo, ed ai loro derivati. D’altronde, per quanto mi riguarda, che certi movimenti siano “rossi” o “neri” la matrice è la stessa: l’odio contro Dio, contro la Chiesa e, come vedremo, alla fine della fiera contro l’uomo stesso. Ma non si può neppure far finta che soprattutto i “rossi” (in particolar modo i loro eredi post-’89) siano, e non a caso, ben inseriti e radicati nell’ambiente universitario, specie in certe facoltà.

Ma partiamo per gradi: è un fatto incontestabile che le università, a partire dal Dopoguerra (anche se l’apice è stato raggiunto, ovviamente, negli anni seguenti le contestazioni studentesche sessantottine e settantottine) siano in mano alla sinistra, specialmente all’estrema sinistra radicale di derivazione comunista. Questo è vero specialmente per le facoltà scientifiche, dove spesso all’interno degli stessi corsi si trovano (ideologicamente ed a torto) contestazioni contro la Chiesa stessa, effettuati da professori o, più spesso, da studenti. Non stupisce, quindi, questo clima di anticlericalismo della domenica interno al mondo dell’istruzione mainstream, che affonda le sue radici alla fine dei conti in un comunismo che, dopo l’89 ed il crollo del Muro, si è riciclato in radicalismo di massa. Radicalismo che ha fra i suoi campioni, ovviamente, i Radicali, ma non solo: infatti, si tratta di una tendenza sociale ormai incancrenitasi nella continua secolarizzazione e nel ripudio dei valori cristiani da parte della società occidentale. Quindi, se è sbagliato ritenere che il comunismo (ormai ridotto a quattro gatti, guarda caso però ben inseriti all’interno delle manifestazioni e delle contestazioni studentesche) sia oggigiorno la colonna portante di questo anticlericalismo da operetta e del radicalismo e della secolarizzazione di massa, che affonda le sue radici è vero da una parte nel materialismo dialettico marxista ma dall’altra anche nel nichilismo nietzschiano, è altrettanto sbagliato non voler riconoscerlo come alla base di questi fenomeni ed espressione di un malessere che ha portato la società in cui viviamo a ripudiare Dio e la Sua Chiesa.

Fatte queste premesse, però, vorrei soffermarmi sulle varie offese e calunnie contro la Cattolica riportate dall’opuscolo, e confutarle; vorrei anche esaminare il linguaggio con cui vengono portate simili accuse, linguaggio che, come ho già avuto modo di sottolineare in passato, è alla base per cercare di convincere credenti più o meno tiepidi ad andare ad ingrossare le fila di movimenti e culti che di cattolico non hanno niente.

Cito l’opuscolo nei punti salienti, vero concentrato di radicalismo e di intolleranza (democratica, ovviamente) contro i cattolici:

Il rapporto della Chiesa Cattolica Apostolica Romana [non sia mai che venga confusa, che ne so, con quella valdese-N.d.R.] con i cittadini italiani è quello di annichilite l’individualità, e quindi il libero pensiero, attraverso un assoggettamento delle masse tramite un inculcamento forzato dei valori cattolici nei primi mesi di vita”

Questa parte è un piccolo capolavoro, che quasi si commenta da solo: detto fuori dai denti, il cattolicesimo è in buona sostanza una dittatura che prevedere che i bambini vengano indottrinati fin dai primi mesi di vita. A partire da questo, l’attacco fa acqua da tutte le parti, in primis per quanto riguarda l’approccio nichilista-relativista che sta alla base di questa visione: se tutti devono essere liberi di pensarla come vogliono e non deve essere impedita la loro volontà di pensare, e fare, ciò che pare a loro, per quale motivo ai cattolici deve essere impedito questo? Perché, se tu non hai valori (al di fuori di quelli, contraddittori, rossi) io non devo averne? Non è forse questo la dittatura, cercare di appiattire tutto su valori decisi dal regime politico, a sostituzione di quelli di Dio e della stessa natura umana? Tra l’altro, infatti, qui si parla di “valori cattolici”: ma questi valori, di suo, non esistono. Non esistono perché sono, anzitutto, valori umani: i “valori cattolici” (seguitemi bene) non sono una esclusiva in senso stretto dei cattolici, perché sono basati sulla legge morale naturale inscritta da Dio nel cuore di ogni uomo. Certo, non sono le virtù teologali ed i doni dello Spirito Santo, ottenuti col battesimo e confermati (nomen omen) con la Confermazione, però è sufficiente affermare che qualunque uomo, a prescindere dal sesso, dalla nazionalità, dalla lingua, dall’etnia e dalla provenienza geografica può capire cosa sia il bene e cosa sia il male. Ché poi, è questo alla base del riconoscimento, da parte della Chiesa, della natura condivisa dell’umanità: tutti pecchiamo, tutti possiamo fare il bene e possiamo fare il male, tutti possiamo essere salvati dal sacrificio del Cristo. Non esiste una umanità di serie A ed una di serie B; e infatti, queste correnti sono oggi fintamente democratiche ma, finché hanno potuto, hanno abbracciato il razzismo e la discriminazione (basta vedere la Russia comunista, ad esempio), considerando gli allineati al regime come cittadini di serie A ed i credenti (cattolici ma non solo) come cittadini di serie B, anche biologicamente più stupidi ed inetti. Infine, l’ultima perla: la critica all’educazione cattolica, la quale “inculca” questi valori (meglio sarebbe dire la religione, ché come si è appena visto alla fine i cosiddetti “valori non negoziabili cattolici” non appartengono, in modo solo apparentemente paradossale, soltanto ai cattolici ma all’umanità in quanto tale) ai bimbi. In sostanza, il genitore cattolico non deve essere libero di educare i figli come vuole; quello “rosso”, invece, sì. Non c’è forse una sostanziale discrepanza in questo? Vorrei chiedere a lorsignori: voi, per coerenza se non per bontà, allora eviterete di inculcare nei vostri figli i vostri pseudo-valori (in quanto in contrasto proprio con i valori propriamente detti di cui sopra) facendoli, che so, andare a Messa qualora i bimbi manifestassero il desiderio di andarci? O magari non educherete i figli ai vostri pseudo-valori, spingendoli contro la Chiesa ed educandoli in un certo modo? Tra l’altro, è da notare la lagna nel paragrafo successivo contro la revisione del Concordato dell’84, e non a caso: infatti, ci si lamenta di come, nonostante la revisione, la morale cattolica e la fede cristiana permeino ancora la società (o almeno, siano ancora relativamente presenti), togliendo spazio a lorsignori.

Si passa poi ai vari “privilegi” della Chiesa cattolica (“a danno del cittadino italiano”, ovviamente, come se i cattolici non fossero legittimi cittadini italiani essi stessi, magari di diritto anche più di lorsignori), ovviamente iniziando dal denaro (chiaramente, pecunia non olet e la sinistra di derivazione marxista ha fatto dell’invidia per il denaro altrui, camuffata da difesa dei diritti dei più poveri, la propria bandiera):

Per un paese laico è vergognoso che un’istituzione religiosa gravi sul bilancio dello Stato, attraverso l’Otto per Mille (circa un miliardo), l’esenzione dall’IMU-TASI (circa 600 milioni) e l’insegnamento della religione cattolica [segue link al sito di una nota associazione di atei ed agnostici razionalisti, che ovviamente mi guardo bene dal riportare per decenza]

Questa tecnica di attacco è doppiamente falsa: non solo perché, ad esempio, lorsignori fingono che l’esenzione dell’IMU-TASI riguardi soltanto la Chiesa cattolica quando, in realtà, si riferisce a qualunque luogo di culto o sede di associazione non a scopo di lucro (incluse anche quelle non cattoliche e non cristiane; ad esempio, anche moschee e sinagoghe sono esentate dal pagamento della tassa), ma poi costoro si “dimenticano” di nuovo che Stato laico non significa lo Stato ateo che loro agognano, quindi che pure i cattolici italiani sono cittadini a pieno diritto e, pertanto, possono destinare l’Otto per Mille (tassa obbligatoria ma con selezione volontaria del destinatario: chi non sceglie poi non può lamentarsi con lo Stato se questi ripartisce tale cifra in modo proporzionale tra i vari enti che ne beneficiano) a chi vogliono. Infine, notare come l’insegnamento della religione cattolica venga messo tra le “vergogne” dello Stato laico, “dimenticandosi” che non solo si tratta di un insegnamento opzionale, ma che dovrebbe (e qui lo ammetto, purtroppo spesso si tratta solo di lezioni di educazione civica e non di religione cattolica, da riformare il più presto possibile perché, spesso, alloggio di professori volenterosi ma che non insegnano ciò che dovrebbero insegnare) riflettere le, innegabili, radici cattoliche del nostro Paese, arricchendo culturalmente lo studente ed insegnando qualcosa di più sulla società in cui vive; dette radici, fino all’Unità d’Italia, hanno non solo permeato il vivere comune di molte Regioni ma anche, e soprattutto, lo sviluppo dell’arte, della scienza e della storia della nostra nazione. Radici che è impossibile non considerare e valorizzare per capire determinati fenomeni; ma, se qualcosa ci insegnano i regimi ‘900, le ideologie politiche (specie le più perniciose) vivono sulla negazione del passato e dei veri valori, da sostituire con i propri, a misura “d’uomo” (in realtà del potere al governo, della sua ideologia e, infine, di colui che ispira certi scempi).

Riteniamo inoltre inammissibile che […] lo Stato e gli enti amministrativi elargiscano ogni anno finanziamenti alle scuole private (che dovrebbero essere “senza oneri per lo Stato” […]), per circa il 65% cattolicamente orientate, un ammontare di circa 500 milioni di euro.”

Ecco di nuovo il nocciolo della questione: soldi ed educazione. I primi invidiati e desiderati più di ogni altra cosa al mondo (d’altronde è una logica conseguenza, dato che il radicalismo e, prima ancora, il marxismo, nascendo da una forma di materialismo dialettico, non possa che concepire la realtà sociale come una compravendita), la seconda da egemonizzare col pretesto della laicità e della libertà per sottomettere il cittadino alla volontà di chi sta al comando. Esaminiamo, però, anzitutto l’ideologia che sottostà a tutto questo, cioè pretendere che l’educazione sia soltanto in mano allo Stato. Esattamente come nei vari regimi totalitari, questo significa delegare allo Stato non solo il suo compito istituzionale ma, anche, quello educativo; in altre parole, significa che lo Stato acquisisce la capacità di decidere, lui, cosa sia giusto o sbagliato, infischiandosene della realtà e della verità. In modo ideologico, insomma. Peggio ancora, acquisisce la facoltà di imporre a tutti la propria visione del mondo; e qui si tocca realmente il fondo rendendosi conto che, al di là di tutte le buone intenzioni, questo è raggiungibile (affatto paradossalmente) solo con il togliere l’educazione dei bambini ai genitori e derogare la trasmissione dei valori alla scuola (pubblica e laicista, of course), esattamente come avveniva sotto le dittature. Come ottenere questo risultato? Semplice: non tanto potenziando (e rendendola realmente educativa, elevandola dalla fogna ideologica in cui si trova adesso) la scuola statale, bensì togliendo i finanziamenti alla scuola paritaria (anche qui, che monelli: scuole paritarie e scuole private non sono la stessa cosa, tanto che le prime hanno a pieno diritto l’accesso ai fondi statali, essendo pubbliche, senza per questo violare alcun articolo costituzionale, a differenza delle seconde), rendendola in pratica accessibile (adesso sì) soltanto ai più ricchi. In altre parole, per ideologia si arriva a compiere, scientemente ed infischiandosene dell’educazione dei più giovani a favore della politica, una vera e propria discriminazione: discriminazione nei confronti dei genitori, i quali non possono più educare i propri figli nel modo che più aggrada loro, esercitando la patria potestà ed i propri diritti e doveri sino in fondo. Col sistema che vorrebbero lorsignori, invece, soltanto i più ricchi potrebbero permettersi l’accesso alle scuole paritarie, a questo punto ormai de facto praticamente private; tutti gli altri, al contrario, dovrebbero soltanto mangiare a forza la minestra scodellata loro dallo Stato o saltare dalla finestra (leggasi: fare la fame sul serio, per permettere ai pargoli di studiare e di ricevere una formazione, umana oltre che accademica, come interessa loro, come è loro diritto infine). Per quanto riguarda, invece, l’investimento pubblico sulle scuole paritarie, i numeri parlano da soli: nel 2009, la scuola statale mangiava qualcosa come 54 miliardi di euro alle finanze dello Stato. Al contrario, le scuole paritarie (e costoro, da bravi ideologi quali sono, “dimenticano” che, grazie a tagli e varie “spintarelle” di questa o quella parte politica, queste oggi ricevono solo 233 milioni di euro in totale, tra cattoliche e non) ricevevano in quello stesso anno solo 530 milioni di euro; una cifra apparentemente alta, se non consideriamo che a) si sta parlando dell’1% del bilancio totale dell’istruzione, quindi una cifra irrisoria a fronte del gorgo della scuola statale b) con questo sistema la scuola paritaria, nel solo biennio 2009-2010, ha fatto risparmiare allo Stato qualcosa come 5,4 miliardi di euro. In altre parole, lo Stato ha risparmiato dieci volte tanto quanto ha investito; questo perché l’onere statale per l’educazione di un bimbo in una scuola paritaria è di 2960 euro, a fronte dei 7500 euro (oltre il doppio) della scuola statale. Quindi, non c’è reale volontà di far quadrare i conti dello Stato, dato che questo vorrebbe dire, invece, aumentare gli investimenti nella scuola paritaria, ma ci sono solo motivazioni dettate dal pregiudizio anticattolico alla radice di queste dichiarazioni.

[…]il clero gode de facto dell’immunità giuridica nei confronti della legge italiana, garantita dalle immunità concordatarie che ostacolano le indagini e dalla protezione fornita dal potere degli altri prelati.”

Questa è una palese bugia: i sacerdoti ed i vescovi sono anche cittadini dello Stato italiano, pertanto sono soggetti anche alla legge italiana. Eventuali “coperture” di crimini, o simili, sono infatti spesso imputate (giustamente) come favoreggiamento. Tuttavia, allo scopo di presentare la Chiesa italiana come un’idra a più teste,è strumentale anche la polemica contro le (presunte) immunità del clero (“dimenticandosi” tra l’altro che certi prelati, quali ad esempio i nunzi apostolici, sono veri e propri diplomatici, che godono quindi a diritto dell’immunità diplomatica). Infatti, presentando il clero cattolico come una realtà opulenta, ingerente e che, peraltro, può permettersi di violare tranquillamente le leggi senza conseguenze, si cerca di far passare l’ideologia per cui il radicalismo è il bene ed il cattolicesimo è il male, “dimenticandosi”, ovviamente, che le cose sono diametralmente opposte, procedendo il primo dal mondo e da una visione ideologica della realtà (e, quindi, per sua natura intrinsecamente sbagliata).

Per quanto concerne i diritti fondamentali del cittadino, la Chiesa si impone con atteggiamenti moralisti e dogmatici che costituiscono un muro nello sviluppo della legislazione italiana in merito ai traguardi recenti della medicina (come la fecondazione assistita e le cellule staminali, l’aborto e l’eutanasia), la questione dell’obiezione di coscienza e la questione delle coppie di fatto.”

Eccoci qui, finalmente, al motore ideologico di tutto il discorso: la Chiesa impedisce il progresso dell’umanità. Per dimostrare questo, anzitutto vengono presentati come diritti (senza doveri, quindi falsi) cose che non lo sono: aborto, eutanasia, coppie di fatto e fecondazione assistita non sono e, lorsignori si mettano il cuore in pace, non saranno mai considerati tali da chiunque abbia un minimo di cervello funzionante. Anche qui, tra l’altro, vengono mescolate cose diverse: ad esempio, si parla di cellule staminali in toto, quando la Chiesa è contraria solo all’utilizzo delle cellule staminali embrionali, le quali vengono prodotte distruggendo embrioni umani appositamente fabbricati in laboratorio. Tra l’altro, è stato dimostrato che dette cellule embrionali possono provocare tumori, dato che sono soggette a mutazioni e possono facilmente iniziare a moltiplicarsi in maniera incontrollata, causando più danni di quelli che si vorrebbero curare; tuttavia, per i pasdaran radicali, dato che l’embrione non è un essere umano, questo significa che deve essere sfruttato e modificato come più aggrada l’uomo, indipendentemente dai benefici o dai costi. Oltre a questa palese mistificazione, saltano però all’occhio due cose: la prima è il mescolare cose oggettivamente diverse (procedure mediche o pseudo-mediche con istituti giuridici come le coppie di fatto e con questione di morale pubblica come l’obiezione di coscienza); la seconda di come la Chiesa venga accusata di “atteggiamenti moralistici e dogmatici”.

Partendo dal secondo punto, chi ha “atteggiamenti moralistici e dogmatici” non è certo la Cattolica: il dogma cattolico (e, più in generale, la Santa Dottrina), infatti, non è un’ipotesi teologica, il frutto di uno sforzo mentale o una pia astrazione, ma rappresenta un dato di fatto; i dogmi, e le verità in materia di fede e di morale, sono constatazioni della realtà. Che procedono sia dalla Rivelazione divina sia, per quanto attesta l’etica e la morale, anche dall’osservazione della natura umana: la Chiesa, infatti, per sua stessa natura è sempre stata grande ed attenta osservatrice dell’uomo, delle vette che può raggiungere e degli abissi in cui può sprofondare. Cercare di ridurre i “valori cattolici”, di cui abbiamo già parlato, ad una esclusiva ipotesi teologica interna alla religione cattolica e non, invece, come base di partenza per qualsivoglia discorso compiuto sulla natura umana alla fine non può che portare prima alla negazione degli stessi, poi della dignità umana (che si sviluppa su detti valori, che sono inscritti nel cuore di ogni uomo ed a cui ogni uomo può liberamente scegliere se obbedire o violare) ed infine, in una parabola discendente sempre più oscura, dell’umanità stessa. I dogmi, i valori non negoziabili e, più in generale, tutto il corpus della fede e della tradizione cattolica non sono, quindi, dottrine disincarnate, prive di ragionevolezza ed instaurate dall’arbitrio di questo o quel prelato: al contrario, proprio perché si rifanno all’Eterno, sono oggettive, immutabili e ragionevoli. Tutto il contrario dell’ideologia, la quale invece parte da teorie e da mode a cui la realtà deve adattarsi; e se la realtà non si adatta alla teoria, allora tanto peggio per la realtà.

Il primo punto, invece, riguarda la retorica intrinseca in questi ragionamenti e si collega direttamente a ciò di cui ho appena parlato: il tentativo di accomunare cose oggettivamente diverse fra loro (con balle palesi peraltro, vedasi il discorso delle staminali) nella speranza che l’interlocutore veda la Chiesa non come l’unica, possibile via per capire qualcosa di più sull’uomo e sull’ordine del mondo (in senso lato) che ci circonda, bensì come un ostacolo bigotto ed oscurantista che impedisce l’arrivo di, falsi e bugiardi, “diritti civili” anche qui in Italia, o al più li limita seriamente. Il problema retorico, tipico di tutte le ideologie, è proprio questo: mescolare mele con pere in modo insostenibile, per poi cercare, in nome dei proclami di partito o di corrente politica, di presentare la parte avversa come un ostacolo a… qualcosa. Tuttavia, la questione è sempre quella: lorsignori chiacchierano tanto di moralismo e dogmatismo, senza rendersi conto che la Chiesa invece è morale e dogmatica, mentre questi vizi sono, per loro stessa natura, incancreniti nelle ideologie che invece cercano di presentare come aperte ed a-morali. In altre parole, sono il secolarismo e la radicalizzazione di massa i nuovi puritanesimi, i cui assurdi dogmi (assurdi perché non procedenti da alcuna Rivelazione e, men che meno, dall’osservazione della realtà) sono metro di giudizio per tutto e tutti. Quindi, se nel cattolicesimo si condanna il peccato e non il peccatore, nel nuovo puritanesimo laicista e anticristico si osserva compiaciuto il peccato e si giudica il peccatore, con la conseguenza di favorire un meccanismo puramente demagogico, ideologico e, in ultima analisi, profondamente inumano.

Sebbene dal 1978 si riconosca (legge 194) il diritto della donna ad interrompere la gravidanza indesiderata, gratuitamente e nelle strutture pubbliche, la possibilità di non operare per il medico che avesse sollevato obiezione di coscienza rimane in vigore. La conseguenza di ciò è che ancora oggi abortire (ma non farsi prescrivere la “pillola del giorno dopo” [comunque abortiva-N.d.R.]) può essere una vera e propria impresa: in Italia il 70% dei ginecologi praticano l’obiezione di coscienza. Inoltre, nonostante i minori rischi per la salute della donna, la pillola abortiva RU486 in Italia è stata autorizzata soltanto nel luglio 2009 […].”

Eccoci ad un altro fulcro del ragionamento fintamente democratico ma in realtà totalitarista ai massimi livelli praticato da questi personaggi: la necessità di impedire l’obiezione di coscienza in caso di aborto. Tralasciando che i monelli in questione “dimenticano” che la donna non può abortire sempre e comunque, è chiaro il collegamento con i punti riguardo all’educazione: lo Stato decide su tutto, pure sulla coscienza e sull’educazione dell’individuo. Questo individuo quindi non è libero di fare, ad esempio, il medico secondo natura, cioè curando le malattie e non uccidendo esseri umani; no, nella mente di lorsignori deve sottostare all’inflessibile volontà dello Stato, volontà che alla fine è quella di questi individui. Pertanto, da una parte le persone devono essere trattate come delle monere, auto-deterministiche e, quindi, totalmente slegate l’una dall’altra, in grado di fare ciò che vogliono solo in base ai capricci ed alle mode del momento; dall’altra, devono sottostare al controllo totalitario di uno Stato che, comunque la si voglia mettere, pretende di decidere chi deve vivere e chi vuole morire (e, soprattutto, come deve vivere e come deve morire). Da una parte un libertinismo (e libertinaggio) sfrenato, dall’altro un controllo degno del Grande Fratello orwelliano, che vede nella libertà della persona (ma non in comportamenti di tipo anarchico, facilmente incanalabili e controllabili) e nella coscienza, anche religiosa, del singolo un ostacolo per affermare il proprio potere. Questi signori, in realtà apparentemente per la scelta o, per usare un termine anglosassone, pro-choice, in realtà alla fine non sono né per la scelta né per la libertà: l’unica scelta possibile è quella che indicano loro, e l’unica libertà quella di essere d’accordo con questi soggetti.

Infine, un appunto: è una menzogna il fatto che la RU486, e più in generale le pillole abortive, siano prive di rischi per la salute della donna, dato che in realtà si sono già registrati vari decessi e complicanze a causa di questi mezzi abortivi (vedi qui, qui e qui), ulteriore indicazione non solo dell’inumanità e dell’oscenità dell’aborto, vero e proprio crimine contro la persona, ma anche della mortalità di queste pratiche non solo (ovviamente) per il bimbo non ancora nato ma anche per il soggetto che abortisce, cioè la donna.

Altra grande battaglia civile contro le ingerenze della morale cattolica è quella per il diritto a disporre della propria vita e del proprio corpo, che si concretizza nella lotta per la legalizzazione dell’eutanasia e del testamento biologico.”

Vale la pena fermarsi un attimo a riflettere su questo punto: l’uomo che può disporre liberamente del suo corpo, come più gli aggrada. Questo, però, non solo è in contrasto col diritto, ma proprio con la natura umana: infatti, nessuno decide quando venire al mondo e come, pertanto nessuno ha il diritto di decidere quando andarsene. Lasciando stare la follia dell’eutanasia, che vede la vita “degna di essere vissuta” solo quando giovane e sana e non in quanto tale, il ragionamento di fondo è tremendo, e si basa proprio sulla visione di vita turbocapitalista che questi elementi dicono, a parole, di voler combattere (ma che, in realtà, produce denaro e, quindi, fa buon gioco all’avidità radicalista). L’uomo che non ha più dignità in quanto tale, essendo ad immagine e somiglianza di Dio, ma in quanto numero che produce: quando non produce più, deve morire senza rompere tanto le scatole a nessuno, inclusi parenti vari ed eventuali. Questo meccanismo inumano nichilista e che, in ultima analisi, nulla ha da invidiare ai progetti eutanasistici nazisti è un altro cavallo di battaglia di costoro: partendo dai casi limite, si arriva infine a determinare il potere assoluto dello Stato sul corpo dei singoli individui, distruggendo ogni reale possibilità di scelta invece che dandola, se non con le leggi attraverso la pressione sociale; infatti, anche senza camere a gas e similari, è ovvio che se disabili ed anziani vengono ostracizzati e manifestamente considerati inutili, saranno portati al suicidio legalizzato dalla Stato. Allo stesso modo, è evidente come questa follia sia, in ultima analisi, contraria alla libertà: libertà che non è disporre del proprio corpo come più aggrada (a questo punto, anche prostituirsi o vendersi come schiavo, ma pure non seguire alcuna legge in una anarchia folle, ha ragione di esistere) bensì di potersi rifiutare di entrare a far parte di questo meccanismo perverso, che mira a permettere l’uccisione di altri esseri umani (come già avviene con l’aborto) nell’unica ottica del guadagno e del risparmio, con le persone ridotte a numeri che producono utili.

Più avanti, inoltre, questi ideologi da strapazzo, ovviamente, accomunano l’eutanasia all’accanimento terapeutico, “dimenticandosi” convenientemente che si tratta di due cose ben diverse e su cui, nel secondo caso, la Chiesa non ha mai avuto nulla da ridire: si tratta, come detto sopra, del solito stratagemma di mischiare mele con pere per far passare messaggi fasulli ed inumani.

Infine:

La lobby vaticana continua ad ostracizzare i diritti più fondamentali all’autodeterminazione dell’individuo, nella scelta della maternità, della sessualità e della salute, in un’ottica di strenua difesa della morale cattolica e della vita in ogni stadio, con una sempre più ovina condiscendenza da parte delle istituzioni”.

A parte il fatto che non si vede da nessuna parte questa “ovina condiscendenza” delle istituzioni, sempre più anticattoliche e secolarizzate, ma da questo paragrafo emerge, in maniera probabilmente involontaria ma altresì evidente, una verità lapalissiana: l’odio di questi individui, prima ancora che per la Chiesa, nei confronti dell’uomo, mentre invece la Chiesa si batte (come ammettono essi stessi) a favore della vita in ogni suo stadio, dal concepimento fino alla morte. Questo, infine, è il nucleo dell’ideologia, “rossa” o “nera” che sia, come detto in partenza: l’odio prima che per Dio per l’uomo. Siccome però la Chiesa, su imitazione del Cristo, non può fare altro che amare l’uomo ed aborrire il peccato, ecco che lorsignori odiano la Chiesa, dato che mostra la piccineria e la mostruosa inumanità delle loro posizioni. In realtà, detto francamente, non è una battaglia tra chi vuole la libertà dell’uomo e chi vuole togliergliela: è una battaglia tra chi vuole distruggere l’uomo e tra chi vuole salvarlo. Per i primi l’uomo è una marionetta, un tumore che ammorba la Terra e che deve essere estirpato o, non potendo, controllato e manipolato, prima nelle coscienze e poi nella biologia; per i secondi l’uomo è ad immagine e somiglianza di Dio, possibile di salvezza e di conoscere e praticare il bene, dotato di una sua dignità in quanto tale. Tutto quanto si è detto, alla fine, procede da questo: dall’amare il prossimo come sé stessi e come Dio ci amato o fare l’esatto contrario. Pertanto, chiunque sia a favore della libertà, della coscienza, dell’uomo in definitiva non può che respingere queste ideologie, specialmente il radicalismo sempre più cancerogeno e blasfemo che, ormai, sta rivelando essere sempre più la pretesa dell’uomo di sostituirsi a Dio e, soprattutto, del distorcere la libertà nell’odio feroce di tutto ciò che è a Sua immagine con pretese di “democraticità” e di “progresso”.

Le bestemmie per san Patrizio ed il politicamente corretto clericale

EDIT: in seguito a nuove informazioni, ho deciso di riscrivere da capo l’articolo postato ieri, così da fornire una analisi più precisa di quello che sta accadendo nella diocesi di New York e che, in un certo senso, è specchio della situazione europea. 

Sebbene sia passato un mese dalla festa di san Patrizio, patrono d’Irlanda e non solo, anzi forse proprio perché è passato così tanto tempo, è opportuno parlare di ciò che è accaduto oltreoceano, serenamente e cercando di non arrabbiarsi. Posso promettervi, miei lettori, che ci proverò.

Partiamo dal piccolo per arrivare al grande: la grande parata per il Saint Patrick’s Day (come lo chiamano gli anglofoni) di New York, parata quest’anno particolarmente scandalosa e che bene ha evidenziato un problema a livello gerarchico, già messo in evidenza dal Sinodo straordinario; cioè il piegarsi, con scarsità di coraggio e forse per ambizione, al politicamente corretto di certi esponenti della Chiesa americana. Prima, però, una premessa doverosa: la Cattolica, in quanto Corpo Mistico del Cristo, non solo è una, santa, cattolica ed apostolica, sempre e comunque, ma rappresenta anche la società perfetta, immagine in terra della gerarchia celeste. Ciò detto, i suoi membri possono eccome sbagliare, tutti noi pecchiamo, anche il Santo Padre: non credo però ci sia niente di scandaloso in questo, dato che si tratta della natura umana, conseguenza del Peccato Originale. La perfezione della Chiesa non deriva del resto dalla santità dei suoi singoli membri, bensì dalla promessa del Cristo, cioè che le porte degli Inferi non prevarranno su di Essa, fondata su Pietro e, di conseguenza, sui suoi successori. Detto questo, quindi, i suoi membri non solo possono sbagliare, ma anche peccare; anzi, tutti gli uomini peccano, tanto che solo il Nazareno e Sua Madre sono gli unici esseri a non aver commesso peccato nella storia dell’uomo. Tutti gli altri, anche i santi (i quali, proprio perché santi, insistono anzi tantissimo sul valore del sacramento della Confessione) sì. Quindi, cercare da una parte di essere puritani più che pudici, di negare il giusto diritto alla critica quando chi sta più in alto di noi (i cui errori ed i cui peccati, quindi, in ultima analisi hanno maggiore impatto tanto più in alto questi si trova nella gerarchia della Chiesa) devia dal seminato, non solo è sbagliato ma è molto poco cattolico: essere buoni cattolici non vuol dire essere ideologi, cercare di seguire le mode o, peggio, ignorare o piegare la Santa Dottrina al proprio volere; vuol dire osservarla ed esigere che coloro che ci guidano facciano lo stesso. Insomma, che coloro aventi il compito di guidarci verso il Regno dei Cieli riescano nel difficile compito di essere buone guide. Nascondere la critica legittima e la preghiera di riparazione per gli errori di chi è più in alto di noi per un pudore che, in realtà, è clericalismo, con la giustificazione del “non dare scandalo”, è sbagliato, non fosse perché i primi a dare scandalo sono proprio quei laici, diaconi, presbiteri e vescovi che fanno determinate cose. Come fare, in questi casi, quindi? Bisogna dire le cose in modo chiaro, pane al pane e vino al vino; bisogna pregare tanto, per noi e per chi sbaglia; bisogna, in ogni caso, non perdere la pazienza e lanciarsi in attacchi gratuiti e rabbiosi che, alla fine, trasformano chi li compie proprio in ciò che combatte.

E’ proprio in questa ottica che mi permetto di criticare le azioni (o meglio, l’assenza di azioni) compiute dal cardinale Timothy Dolan, il quale ha dato più volte prova di essere un autentico mastino della Chiesa cattolica in America. Talvolta il prelato ha dimostrato di fregarsene altamente anche di attirare le ire di progressisti e conservatori, andando persino contro il presidente degli Stati Uniti, nonché promotore di ogni schifezza (im)morale negli U.S.A., Barack Obama. Dicendo pane al pane e vino al vino, cioè che l’aborto è un assassinio e che i “matrimoni” gay sono scimmiottamenti della vera famiglia, quella eterosessuale. Verrebbe da dire: grande personaggio, lui si che non ha peli sulla lingua! E invece, purtroppo, non è del tutto vero.

Giorno di San Patrizio di quest’anno: la parata diviene una succursale del Gay Pride. Infatti le associazioni gay, che si contraddistinguono non solo in zozzoneria (vedasi i vari tentativi di sessualizzare bimbi di 4-5 anni e di propagandare empietà come uteri in affitto come assolutamente normali, non solo in America ma anche in Italia) ma anche in blasfemia, ottengono, finalmente e con loro grande soddisfazione, il piacere di insudiciare anche questo evento. Possono, con questo stratagemma, avere anche l’opportunità di offendere ripetutamente il santo, grande evangelizzatore degli irlandesi, dicendo che era gay. Sì, avete letto bene: i gay non solo hanno ottenuto, grazie al malefico potere del politicamente corretto e di una chiesa, quella americana, indebolita da molteplici scandali (spesso assolutamente falsi), di poter sfilare nella parata, ma hanno anche dichiarato che san Patrizio era gay come loro (sottinteso: altro che castità, questa è una leggenda della Chiesa medievale, bigotta ed oscurantista, ogni tanto lo dava e lo prendeva, ad altri membri dello stesso sesso per giunta). E cosa ha fatto il cardinale Dolan, dinanzi ad una simile blasfemia, che offende la memoria non solo di un grande santo ma anche della stessa Chiesa, in quanto va a calunniare un uomo che ha fatto tutto ciò che poteva per portare un’intera nazione al Cristo? Semplice: niente. Non ha detto una parola. Questi elementi, ringhiando parole ispirate loro direttamente dal Demonio (non c’è altra spiegazione per tutta la vicenda), non solo hanno letteralmente usato una parata durante una festa cattolica come trampolino di lancio per le loro rivendicazioni politiche, che non solo non appartengono alla Fede cattolica a cui aderiva il santo irlandese ma apertamente la osteggiano e la combattono, bensì hanno anche osato dire che il festeggiato era gay come loro, in tutto e per tutto. Politicamente corretto un paio di scatole: quando c’è da dire qualcosa su musulmani, gay e simili “categorie protette” sei automaticamente un porco conservatore, se questi offendono deliberatamente la Sposa del Cristo nessuno trova niente da ridire; ad ogni modo abbiamo avuto quindi, oltre allo sfruttamento sacrilego della festa cattolica come trampolino di lancio (e già questo è abbastanza grave di suo) per rivendicazioni di presunti “diritti” totalmente contrari al Magistero della Chiesa, anche offese al festeggiato, nel mutismo totale del card. Dolan e dei suoi. I quali hanno forse detto qualcosa quando le associazioni gay hanno, con prepotenza e per fini che tutto sono meno che la venerazione di san Patrizio ed ancor meno la loro conversione alla Santa Chiesa, chiesto di unirsi alla parata? No. Hanno protestato quando, temerari ed osceni, questi individui hanno anche offeso il santo dandogli del gay? No, il che è persino peggio. Soprattutto, è indice di quel mutamento di personalità (ammesso che lo sia realmente), oltre che di idee, di cui si parlava.

Si tratta di cambiamenti comportamentali dovuti al cambiamento di pontificato (e, quindi, a presunti cambiamenti dottrinali in seno alla Chiesa) oppure erano già cose che bollivano in pentola da tempo; soprattutto, cui prodest? In realtà, probabilmente, un misto tra le due cose, cioè poco coraggio nell’affrontare un tema così scottante per la società occidentale unito al vivere in un’epoca apparentemente segnata dai vari cardinali Kasper e Marx, impegnati a pontificare in ogni dove su problemi inesistenti, come le (mai esistite e che mai esisteranno, proprio in virtù del loro stato conclamato di pubblico scandalo che è ostacolo spirituale naturale) coppie di divorziati “risposati” o conviventi che vogliono tornare a ricevere la Santa Comunione, dove il Pontefice romano è (solo apparentemente) schierato con questa ala progressista, quando non ultra-progressista quando non apertamente eretica, della Chiesa, quando c’è un inquietante disinteresse verso la Santa Dottrina da parte anche di alcuni consacrati (figuriamoci, quindi, dei fedeli laici!)? E’ sempre il solito, classico, problema del clientelismo cattolico e del carrierismo, per cui esistono vere e proprie sacche di potere clericale che non solo fanno pressioni, cercando di trascinare la Chiesa sul proprio carrozzone per i propri interessi che non sono, spesso, neppure vagamente cattolici, ma anche che decidono loro chi diviene vescovo e chi no, chi diviene cardinale e chi no. Chiariamoci, non è che il Pontefice viene tagliato fuori da queste decisioni e che non abbia alcun potere in merito; solo, i candidati, da ratificare o meno, li propongono loro (anche perché il Papa non può, certamente, conoscere tutti i sacerdoti del mondo). E questo non da adesso, ma da sempre. Quindi, in realtà quella del card. Dolan non è nemmeno cattiveria: è scarsità di coraggio unita a simili spinte, perfettamente mondane. D’altra parte, già in passato, nonostante tutto, il porporato aveva dato prova di non spendere una parola contro coloro che pretendono di rimanere gay (quindi, omosessuali che continuano ad avere rapporti omoerotici e premono perché la Chiesa e la società accreditino loro fantomatici “diritti” che tali non sono) e di continuare ad accostarsi ai sacramenti; quindi, ciò che è accaduto non è altro che la fase finale di quella sindrome, cioè il politicamente corretto in salsa ecclesiale, che purtroppo ammorba diversi prelati (situati anche molto in alto) e che, in diversi casi, porta alla confusione ed alla discordia su argomenti che, invece, di suo sono chiarissimi. Questi moti “rivoluzionari”, che di rivoluzionario non hanno niente, questo manifesto mutismo che porta a non prendere posizione ed a favorire, in questo modo, i nemici di Dio e della Sua Sposa, porta soltanto a domandarsi : ma una pastorale rettamente intesa, cioè il guidare gli uomini al Signore tramite la Sua Chiesa, in tutto questo dov’è? Soprattutto, dov’è la custodia, la difesa e la propaganda della Santa Dottrina?