I Vangeli e la storiografia

E’ di moda, oggigiorno, contestare i Vangeli su base storiografica, o presunta tale. Molti hanno cercato, in questi anni, di dimostrare come il testo biblico fosse corrotto, o in ogni caso storicamente poco attendibile: ad esempio, Bart Ehrman con il suo molto criticato “Misquoting Jesus” (tradotto in Italia come “Gesù non l’ha mai detto”) afferma che ci sono state aggiunte anche sostanziali ai Vangeli e, più in generale, al testo biblico, sebbene egli stesso ammetta che queste alterazioni non sono così radicali ed inficianti la storicità dei testi sacri stessi.

Questo punto è di capitale importanza proprio per la polemica anticristiana odierna: infatti, se i Vangeli sono un testo che riporta (come dice la Costituzione Dogmatica “Verbum Dei”) un resoconto “vero e fedele” della vita del Cristo, ne consegue che ciò che vi è raccontato corrisponde alla verità, ossia che il Nazareno era veramente il Figlio di Dio con tutto quello che ne consegue; se però sono frutto di una rielaborazione posticcia e, in alcuni casi, pasticciata di una figura storica preesistente o addirittura, come sostengono taluni degli autori più radicali, mitica, significa che ciò che vi è descritto non ha alcun significato. Se il Cristo non ha fatto determinate cose e, soprattutto, se non è risuscitato, come diceva san Paolo, “vana è la nostra fede”, dal momento che si tratterebbe di storielle in cui non esiste più una veridicità storica e, quindi, un Dio che agisce e che salva nella storia.

Tuttavia, le cose non stanno come certi personaggi vorrebbero far credere; e non stanno così anzitutto per logica, oltreché per fede. Se è vero che esistono parti dei Vangeli “deuterocanoniche” o aggiunte successivamente come note redazionali, vero è che queste sono piuttosto poche e non cambiano il contenuto del testo. Anzi, casomai lo completano: in san Marco, per esempio, è famosa l’aggiunta a posteriori di quasi tutto l’ultimo capitolo, il quale però non contraddice gli altri Vangeli né inficia i contenuti dello stesso libro, anzi lo ultima e chiude una narrazione che, invece, si sarebbe chiusa bruscamente. Ma lasciando stare questo, è notevole la presenza di alcuni brani, per così dire, “trasposoni”, cioè saltati da un testo all’altro: vedasi la Pericope dell’Adultera, l’unico passo deuterocanonico di san Giovanni ma, con ogni probabilità, appartenente al Vangelo di san Luca e solo successivamente rimosso da quest’ultimo (da dove esattamente non si sa di preciso) e trasferito nel primo.

In ogni caso, questi cambiamenti e queste aggiunte redazionali non cambiano né il messaggio evangelico nella sua interezza, né sono prove di modifiche fasulle e posticce: il fatto che non compaiano certi brani in tutti i testi pre-Vulgata (fine IV secolo, basata sul Canone Atanasiano) non significa che essi descrivano avvenimenti falsi, né tantomeno che simili variazioni inficino la storicità di quanto vi è narrato. Per esempio, per quanto riguarda Alessandro Magno le fonti più antiche in nostro possesso sono di svariate secoli posteriori al periodo in cui visse; possiamo affermare lo stesso dei Vangeli e, più in generale, dei libri del Nuovo Testamento? No, dal momento che possediamo alcuni manoscritti e frammenti del II e, addirittura, del I secolo d.C., sostanzialmente concordanti con quanto accennato in altri testi extrabiblici dell’epoca peraltro (come, per esempio, Mara Bar Serapion e le “Antichità Giudaiche” di Flavio Giuseppe) oltreché coi manoscritti successivi.

Un’altra motivazione per non fornire attendibilità a queste insinuazioni riguarda invece proprio il metodo storico stesso: anzitutto, nonostante la storiografia stessa si basi su assunti logici, essa rimane una scienza umana e, quindi, fallibile. La scienza è una branca della filosofia umana soggetta alla logica ed all’esperienza empirica umana, per definizioni fallibili ed imperfette; pertanto, è soggetta a continue revisioni e non può dire nulla sul fine ultimo delle cose. In altri termini, oggi per l’interpretazione storiografica corrente alcuni brani del Vangelo sono frutto di interpolazioni successive dal momento che non si trovano in tutti i manoscritti del I-III secolo in nostro possesso (da cui viene fuori una cosiddetta edizione concordataria), magari domani non sarà più così: se venisse, ipoteticamente, scoperto un Vangelo di san Giovanni del I secolo contenente la Pericope dell’Adultera è chiaro che non sarebbe più sostenibile ritenere essa un passo di san Luca spostato altrove. Non è, in definitiva, possibile sottoporre ciò che è eterno e, per definizione, immutabile, a ciò che caduco e soggetto a mutamento; ed i Vangeli, che rimandano proprio all’Eterno per eccellenza, non fanno eccezione.

Molta di questa critica, poi, non tiene in considerazione che è esistito anche un cristianesimo senza Vangeli, i quali nascono proprio nel solco della Tradizione della Chiesa: per pochi anni, o forse decenni (già quarant’anni dopo la morte del Cristo, con ogni probabilità, tutti i vari libri del Nuovo Testamento erano già stati scritti, meno forse l’Apocalisse) sono esistite comunità cristiane prive di Scriptura, o con solo una parte di essa. Questo però non causa alcun problema, proprio perché, a differenza di quanto asseriscono oggigiorno i protestanti, non è la Scriptura a creare la Traditio bensì l’opposto, i Vangeli nascono all’interno di una tradizione orale vera e fedele, che fa un forte uso della testimonianza oculare (come dice lo stesso san Luca) di coloro che vissero quelli avvenimenti (come gli apostoli stessi) e che, addirittura, arrivarono sovente al martirio pur di non rinnegarli. Quale testimonianza più grande della veridicità del Nuovo Testamento se non quella del martirio? Quindi, il cattolicesimo non si basa tanto su dei libri, bensì sulla testimonianza degli apostoli; e da detta testimonianza scaturisce la Traditio, da cui a sua volta scaturisce la Scriptura, alla quale (come invita lo stesso sant’Atanasio, da cui deriva l’omonimo Canone che verrà definitivamente ed infallibilmente confermato come veritiero e fedele dal Concilio di Trento più di mille anni dopo) non deve essere aggiunto né tolto più nulla, men che meno con motivazioni storiografiche (e, quindi, in ultima analisi immanenti); e ciò è conforme con l’insegnamento della Chiesa stessa, che ha sempre visto nelle manipolazioni dei testi sacri dei gravi peccati. Gli insegnamenti contenuti nei Vangeli tutti interi sono, pertanto, veritieri e conformi alla testimonianza degli apostoli prima e dei Padri e dei Dottori della Chiesa poi, i quali anzi ci lasciano forti testimonianza anch’essi della loro storicità; pertanto, anche da un punto di vista teologico e dottrinale non è sostenibile ritenere che ciò che fu aggiunto successivamente non scaturisca anch’esso dalla Traditio, né che fosse falso o frutto di una “rielaborazione teologica” di fatti realmente avvenuti.

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